Regia di AA.VV vedi scheda film
Napoli 24
, è un piccolo film che gira nelle sale (pochissime). E’ un film interessante, una storia emblematica di come vanno le cose del cinema (e della cultura) in Italia.
24 autori napoletani, quasi tutti sconosciuti ai più (ma uno dei 24 si chiama Paolo Sorrentino, un'altro Martone, un'altro Pietro Marcello, e altri sono giovani cineasti come Guido Lombardi, autore di Là-bas, premiato all’ultimo festival di Venezia). Ognuno di loro aveva tre minuti di film per raccontare Napoli, la traccia era libera. Il film, presentato un anno e mezzo fa al Festival di Torino, era sparito, ora – dopo lunga anticamera – esce in sala.
Ho trovato che in un modo tutto particolare è un film intenso ed emozionante, dove emergono mote contraddizioni e chiaroscuri, proprio come Napoli. Non è un caso, forse, che tra i migliori film su Napoli degli ultimi tempi ci siano dei documentari: Passione di John Turturro, e questo Napoli 24. Napoli non si può raccontare si può solo tratteggiare, la si può evocare per le sue mille contraddizioni, le sue bellissime bruttezze, quel "paradiso abitato da diavoli", come diceva Croce, che la descrive meglio di ogni altra espressione. Il film non prova a sposare una tesi, presenta invece un occhio aperto, curioso e appassionato, disposto ad esercitarsi sul bello (certe vedute del mare) come sul brutto (il maiale che cerca il suo cibo tra i rifiuti e poi "guarda in macchina"), sul kitsch un po’ disperato e fuori tempo (il matrimonio dei rom sotto l’autostrada), come sul sacro (l’inevitabile San Gennaro). E soprattutto lo fa cercando di rubare un’immagine di una Napoli che si rilancia sempre a partire da se stessa, quasi che la città fosse una riserva infinita di sguardi e di storie:
Se solo lo si potesse vedere un po’ di più in Italia. La storia distributiva di Napoli 24 è infatti una tipica storia italiana. Il film è uscito praticamente senza sostegno pubblicitario, venerdì 11 maggio: è "stato su" per una settimana in tre sole sale italiane (una a Roma, una a Bologna, una a Torino io l'ho visto ai fratelli Marx): nei primi sette giorni di programmazione ha totalizzato complessivamente, tra tutte e tre le sale, la bellezza di 943 spettatori..In Italia sempre di più i film si vendono attraverso la promozione, sempre di meno attraverso la curiosità, la passione, la cinefilia, che sono state uccise dal conformismo: in generale l’altro, l’alterità, la differenza sembrano valori fuori corso nell’industria culturale.
D'altra parte l’omologazione vince in sala come in libreria o nelle mostre d’arte. sarebbe bello e auspicabile credere in un mercato diversificato: ma bisognerebbe reagire al disastro della distribuzione, magari con qualche atteggiamento controcorrente. Per esempio col passaparola a volte funziona.
Chissà che un giorno non si cominci a pensare che come spettatori possiamo essere soggetti attivi di pensiero e di sguardo e non solo consumatori.
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