Regia di Eran Riklis vedi scheda film
C'è qualche aspetto grottesco che può apparire eccessivo in questo film di Eran Riklis, come il lungo viaggio con la cassa da morto affrontato a bordo di un cingolato di quello che fu l'esercito rumeno. Però è ben descritto l'itinerario soprattutto interiore ed umano di un uomo perfettamente integrato nella propria vita di responsabile delle risorse umane di un panificio industriale israeliano ed unicamente proiettato a recuperare il rapporto con la figlia adolescente e con la moglie dalla quale vive ormai separato.
Credo che raramente in un film israeliano si siano viste tante croci come qui ed effettivamente il viaggio dell'innominato responsabile assume i crismi della via crucis, in una terra poco ospitale per oggettivi limiti climatici ed economici e, forse, almeno in parte, anche culturali, in termini di diffidenza verso lo straniero, che appare anche come estraneo. Nessuno gli è apertamente ostile, ma la sua obiettiva estraneità alla realtà da cui proveniva la giovane donna deceduta, insieme alla difficoltà di comprendere la lingua e la burocrazia rumene, congiurano a costringere quest'uomo a prendere coscienza del fatto che esiste una realtà altra e che in ogni caso la propria patria è quella che ognuno si sceglie e decide di portarsi dentro. Per questo, alla fine, la bara dovrà percorrere il viaggio inverso per tornare in Israele.
La regia di Riklis è sobria e robusta, le interpretazioni sono di buon livello e qualche eccesso di grottesco è inevitabilmente dovuto al classico topos cinematografico dell'israeliano (stavo per scrivere italiano) all'estero.
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