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Il responsabile delle risorse umane

Regia di Eran Riklis vedi scheda film

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La recensione su Il responsabile delle risorse umane

di laulilla
6 stelle

Questo film israeliano tratto, con libere variazioni, da un romanzo di Yehoshua racconta le peripezie vissute dal responsabile del personale di un panificio industriale di Gerusalemme in seguito alla morte di un’inserviente del panificio, dilaniata da un attentato terroristico, uno dei tanti che spesso insanguinano lo stato di Israele.

 

La donna, ingegnere emigrata dalla Romania, si era accontentata anche dei lavori più umili, pur di sfuggire allo squallore del suo paesetto sperduto fra le montagne, arretrato nei costumi e nella mentalità. In questo caso, infatti, si era adattata a lavare i pavimenti del panificio. 

La vita di relazione di questa poveretta era ridotta al minimo: il marito l’aveva abbandonata, il figlioletto era sparito per frequentare pessime compagnie di amici, i colleghi di lavoro la ignoravano, essendole possibile svolgere il lavoro solo in orari diversi da quelli degli addetti alla produzione del pane.

Le complicate vicende, in seguito alle quali la donna, pur non lavorando più nell’azienda del pane, continuava a percepirne lo stipendio, costituiscono la prima parte del film, in cui il regista cerca di spiegare perché una morte così drammatica fosse passata inosservata, finché un giornalista a caccia di scoop, frugando fra i documenti di lei, ancora in obitorio in attesa di sepoltura, aveva trovato la cedola della sua ultima paga, e aveva pensato di cavalcare la dolorosa storia, impostando una campagna di stampa contro il panificio.

 

Si arriva, quindi, alla seconda parte del film: il panificio decide di rimediare al danno d’immagine non solo addossandosi le spese del funerale , ma riaccompagnando la donna in Romania per la sepoltura.

Questa seconda parte è perciò la storia del viaggio che il responsabile delle risorse umane compie con il feretro della donna, e col rintracciato figlio di lei, piccolo teppista che ora appare come una fragile creatura troppo a lungo lasciata a se stessa. 

 

 

 

 

Colpisce nel film  la presenza di personaggi che, non avendo un nome, vengono resi individuabilii solo grazie alla funzione che svolgono: la lavapavimenti, il responsabile delle risorse umane, il giornalista, il console israeliano... 

Ognuno di loro vive, dunque, solo in funzione di quello che fa, anche il “signor risorse umane”, come viene talvolta scherzosamente chiamato, che è un marito poco presente e poco amato, oltre che un padre travolto dal lavoro, che non riesce a dare figlioletta tutto il tempo che vorrebbe, ma che nel corso del viaggio rivela qualità umane davvero notevoli, tanto che grazie alla sua capacità di comprendere riuscirà a domare anche il piccolo teppista.

 

Ancora una volta un viaggio di formazione; un percorso on the road in una Europa gelida, sterminata e povera come solo quella dell’Est può essere, ma nella quale gli uomini vengono ancora stimati e valutati per quello che sono e in cui rispetto significa anche aiuto e solidarietà, magari prestando un carro armato per soli due giorni (chi se ne potrebbe accorgere?), per rendere possibile il trasporto della bara dell’infelice e sfortunata “lavapavimenti.”

Il film è perciò anche una riflessione sugli uomini e sui rapporti distratti che nelle nostre città occidentali stabiliamo con chi vive e lavora vicino a noi, ignorandone i problemi, i dolori, le storie.

Una buona regia accompagna con ironia sottile gli ottimi protagonisti del mesto viaggio, ma dal regista di Il giardino dei limoni, forse, ci  aspettavamo qualcosa di più.

 

Aggiornata e riscritta per questo sito

la recensione pubblicata il 18/12/2010

su Mymovies.

 

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