Regia di Francesco Barilli vedi scheda film
Seconda guerra mondiale. Marito al fronte, Marta gestisce come può una squallida pensioncina. Un giorno la donna accidentalmente muore e la giovane figlia Rosa si ritrova a dover affrontare violenze, soprusi e minacce della clientela, in attesa di un sempre più insperabile ritorno paterno. La tragedia è alle porte.
Barilli aveva già dimostrato apprezzabili capacità registiche e una buona propensione in particolare verso il cinema thriller nel suo precedente lavoro, l'esordio datato 1974 dal titolo Il profumo della signora in nero. Qui rincara la dose di morbosità e di violenza, approdando fin quasi alle soglie dell'horror, sempre disponendo di mezzi modesti (non miseri, nè grandiosi) e facendo come si suol dire 'di necessità virtù'. Il casting, per esempio, è anche in questa occasione foriero di notizie poco entusiasmanti; eppure gli interpreti funzionano: eccettuati ovviamente i dubbi su Francisco Rabal, in una parte laterale, compaiono in scena qui Luc Merenda, Leonora Fani, Lidia Biondi, Jole Fierro, Francesco Impeciati e nomi ancora meno noti. La sceneggiatura è forse un pochino troppo contorta: se all'inizio la storia sembra abbastanza lineare, la sua comprensibilità si fa via via più ardua con il passare dei minuti, fino a sfociare nel delirante (per forza di cose) finale; il copione porta le firme di Barbara Alberto, Amedeo Pagani e del regista stesso, da un soggetto dei primi due. Co-produzione fra Italia e Spagna, come era usanza per tante produzioni di serie B e C (spaghetti western in primis), mentre qui si è nel pieno campo del thriller psicologico con velleità autoriali (richiami al sadismo, al masochismo, al totalitarismo se si vuole: tutto naturalmente molto lieve). Indubbiamente, la cosa più brutta è il titolo. 3,5/10.
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