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Agnosia

Regia di Eugenio Mira vedi scheda film

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La recensione su Agnosia

di OGM
8 stelle

Eugenio Mira è un grande costruttore di storie. Di quelle intricate ed adrenaliniche, che corrono a perdifiato, e di quelle altrettanto complesse che non procedono così spedite, ma non sono meno emozionanti, perché gradevolmente intessute dell’umana lentezza e della mondana imperfezione. Alla fine dell’Ottocento l’era industriale galoppa al ritmo dei sogni della fantascienza, e l’occhio ama guardare lontano. Verso le stelle, ad esempio, con telescopi sempre più potenti, che possono essere usati anche come armi da guerra. Inventare uno strumento del genere può essere la via che porta alla fama, al successo e al denaro; ma per l’imprenditore Artur Prats quella conquista si trasforma, invece, in una fonte di eterna infelicità.  Sua figlia Joana, il giorno della presentazione ufficiale del manufatto, subisce un trauma cranico, che le causerà un danno cerebrale permanente. Da quel momento non sarà più in grado di riconoscere persone ed oggetti. La sua mente, avvolta in una nebbia colorata e cangiante, l’accompagnerà fino nell’età adulta: diventerà una persona del tutto incapace di badare a se stessa, totalmente disorientata,  e costretta a vivere in una stanza, sotto la stretta sorveglianza della servitù. La gloriosa vicenda di un pioniere della tecnologia si converte subito nella melanconica favola della principessa prigioniera, adorata e riverita, però chiusa nel suo mondo deserto e inaccessibile. Qualcuno, come ci si aspetta, la verrà a salvare, e non sarà l’uomo che il padre ha scelto per lei. Un altro noto cliché romanzesco vuole infatti che l’amore sfidi le convenzioni, stravolga i programmi, scombini i destini, a dispetto degli usi e delle convenienze. L’eroe può essere un semplice cameriere, o magari un volgare delinquente, inviato da una donna invidiosa e malvagia a carpire il segreto di una formula in grado di produrre meraviglie. Tutto è già visto, e tutto ritorna originale, in una trama in cui la creatività interviene, una volta tanto, per ingarbugliare gli eventi non con l’altezzoso ermetismo dei geni incompresi, né con il machiavellismo strategico degli artisti della tensione, bensì con il passo zoppicante e stentato con cui l’esistenza è solita combinare i suoi guai. La fantasia asseconda qui la normale oscurità dei casi della vita, disseminando il cammino dei vari personaggi di punti bui in cui si va a tentoni o si inciampa. La prolissità è naturalezza, che scioglie l’ammasso indigesto dei luoghi comuni, diluendolo in un delicato infuso di discreta amarezza. Bizzarra e sommessa è infatti la voce che narra la realtà, mentre la vede accadere e cerca di capirla dalla sua prospettiva limitata e parziale. Agnosia ci consente  di partecipare a questo gioco di specchi deformanti assaporando il gusto dell’inganno e del mistero: ossia la magica poesia della confusione,  in cui si manifesta la nobile veste letteraria della nostra fatale miopia. 

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