Regia di Giorgio Bianchi vedi scheda film
Una delle poche pellicole che vedono Peppino De Filippo protagonista, sia pure contornato da uno stuolo di caratteristi assolutamente invidiabile: Mario Carotenuto, Capannelle, Tiberio Murgia, Didi Perego, Luigi Pavese, Ciccio e Franco (in una scenetta di pochi secondi), Riccardo Billi. Non mancano le gag e la verve, ma quel che conta soprattutto in questa commedia firmata Bianchi-Biancoli-Magni-Strucchi è il tentativo di satira sociale a poco più di tre lustri dalla fine della seconda guerra mondiale e dalla morte del Duce, sorta di spauracchio ed entità invisibile che attraversa tutto il film senza mai comparire materialmente. Divertente come quadro di un'Italia allo s-fascio e fortunatamente (sor)passata, ma probabilmente un po' troppo limitato negli intenti, nel puntare il dito contro le bassezze del regime e la pecoronità degli italiani, senza affrontare mai la questione sociopolitica al di fuori del piano della barzelletta; come commedia brillante riesce quindi discretamente, ma lascia un po' di amaro in bocca considerando le maggiori potenzialità espresse dalla trama (potenzialità che possono avvertirsi anche solo dalla scenetta con protagonisti Ciccio e Franco, che non fanno nè dicono nulla di espressamente comico e addirittura vengono doppiati, caso rarissimo se non unico nella loro intera carriera). 5,5/10.
Peppino, impiegato di mezza età, spera invano nella promozione a capoufficio. Quando ritrova una vecchia foto che lo ritrae in trincea, durante la prima guerra mondiale, accanto al Duce, fa di tutto pur di raggiungere Mussolini e, con una sua spintarella, l'agognata promozione.
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