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Il dilemma

Regia di Ron Howard vedi scheda film

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La recensione su Il dilemma

di OGM
8 stelle

Il dilemma appartiene più all’amicizia che all’amore. La prima, infatti, si definisce esclusivamente entro i termini morali di un patto di reciproca onestà ed aiuto vicendevole, che possono drammaticamente entrare in conflitto, quando in ballo c’è la felicità dell’altro. Ad una classica commedia hollywoodiana quale è questa, non si può chiedere null’altro che aderire, con semplicità, ai principi secondo cui un amico vero si vede nel bisogno, e niente è più difficile che dover decidere del destino altrui. L’esistenza umana è banale, però disordinata, e gli errori commessi sono stupidi, benché complicati, e, molto più arduo che raggiungere un obiettivo è mantenere intatto, lungo un percorso così accidentato, ciò che già si possiede. Ronny è un ex-giocatore d’azzardo, che, dopo essersi liberato dalla schiavitù del vizio, si ritrova a rischiare per davvero di perdere tutto: non riuscire a dire, al suo amico e socio Nick, che sua moglie lo tradisce, sta facendo naufragare la sua vita personale, mettendo in pericolo i suoi affetti, ed intaccando la fiducia delle persone che gli stanno accanto. Il paradosso in mezzo ai cui si trova è una fonte inesauribile di equivoci e situazioni comiche; le sue traversie, che, pur nell’amarezza, a volte riescono anche a strapparci una risata,  ci ricordano quanto spesso, in letteratura come sulla scena, il ridicolo ben si addica all’uomo sofferente, e come la peggior goffaggine sia quella provocata dalla disperazione. L’individuo che, suo malgrado, diviene l’unico detentore di un terribile segreto, si ritrova da solo a fronteggiare un mondo nel quale la verità è un’altra, antitetica e complementare rispetto a quella che risiede nel suo cuore. La lotta è impari, per questo diverte, e a tratti commuove, come tutte le donchisciottesche battaglie di chi sa di essere nel giusto, senza però poterlo dichiarare.

Questo film di Ron Howard sarà – così dicono alcuni – tecnicamente imperfetto, però, accogliendolo con la giusta leggerezza d’animo, si riesce a gustarlo sino in fondo, comprese tutte quelle ripetute concessioni al sogno americano, fatto di denaro, successo, automobili, ma anche di solidarietà. Un sogno che è ormai un classico della cinematografia, poiché è alla base di tutti i happy ending d’oltreoceano. E, come sempre, vuole con sé i suoi cliché retorici o sentimentali. Come, in questo film, la metafora sportiva del tiro che centra la porta di un campo di hockey, tra le urla della folla festante, al suono del motto “i grandi momenti nascono dalle grandi opportunità”.  Evviva. E così sia.  

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