Regia di D.J. Caruso vedi scheda film
Gli alieni del pianeta Lorien sono giovani, carini e disoccupati. In fuga dai meno attraenti Mogadoriani, questa stirpe di prescelti dai poteri straordinari ha un incredibile senso di adattamento, tanto è vero che potrebbero benissimo essere scambiati per biondissimi teenagers americani. Tormentati ed incompresi manco fossero il giovane Werther, vagano per la Terra facendo surf e partecipando a festini senza snobbare le attenzioni delle fighette locali. In poche parole: una pacchia. Almeno sino a quando le mani del numero quattro - e sì perché gli alieni hanno anche il nostro sistema numerico decimale - non iniziano a luccicare di una luce blu intensa attirando su di sé le attenzioni dei cattivoni tatuati di turno. Caciarone come suo solito, D.J. Caruso strizza l'occhio al pubblico "giovane" mettendo in scena una patinatissima vicenda alla "Twilight" ma condendola in salsa sci-fi. Peccato però che la fantascienza stia di casa altrove e che presto il soggetto di "Sono il numero quattro" si manifesti per quello che è e cioè una storiella d'amore, nemmeno troppo impossibile, intervallata da qualche sequenza action di passabile fattura ma che non lascia il segno. Prevedibile nello sviluppo ed inconsistente nei contenuti, il film si brucia l'unico pseudo-interprete - Timothy Olyphant - nel classico ruolo sacrificale. Pettyfer & Co., per quanto carini, non promettono nulla di buono, inclusa la possibilità di un sequel.
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