Regia di Ricky Tognazzi vedi scheda film
Tratto dall'omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo, "Il padre e lo straniero" è indubbiamente una delle cose più interessanti che Tognazzi abbia girato di recente. Ciò purtroppo non sta a significare che il risultato sia particolarmente significativo o degno di nota, anzi, paradossalmente innervosisce quanto basta al pensiero di cosa sarebbe potuto essere al netto di tutta una serie di luoghi comuni che emergono man mano che il soggetto si rivela in tutta la sua prevedibilità. La vicenda ruota attorno alla figura di due padri, uno italiano e l'altro mediorientale, accomunati dall'inguaribile malattia dei propri figli. Uniti sia nella sofferenza che nell'amore per i propri eredi, i due stringono una profonda amicizia che li porterà a confrontare e contaminare i propri mondi di appartenenza senza tralasciare l'inevitabile componente del terrorismo integralista. Ambizioso ma vittima d'ingombranti stereotipi, il film del figlio d'arte milanese ha dalla sua una prima parte sufficientemente riuscita nonostante una certa retorica di fondo sulla spiritualità del mondo arabo. Gassman, che solitamente non eccelle in spontaneità, funziona meglio che altrove, ben coadiuvato da un misurato Amr Waked e da una partner femminile di lusso come Kseniya Rappoport. Le dolenti note arrivano con il montare dell'intrigo internazionale che, purtroppo per Tognazzi, ha contorni estremamente provinciali e dinamiche che più convenzionali non si può. Qualche sequenza rimane indovinata: la trasferta siriana, la commemorazione nel locale notturno ed i momenti d'intimità (di buon impatto quello nella doccia) con i bambini, lasciano intravedere squarci di cinema ma sono solo lampi. Fulmini in un cielo troppo sereno per risultare attendibile.
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