Regia di Laís Bodanzky vedi scheda film
Tra le peggiori cose del mondo, nella personale classifica del 15enne Hermano detto Mano, si può certamente annoverare il divorzio dei suoi genitori. Quando poi salta fuori che la causa è una relazione extraconiugale del babbo, e che la relazione in questione è con un altro uomo, la sua classifica inizia a non avere più posti liberi per le normali preoccupazioni di un adolescente. Sceneggiato dal marito della regista con la collaborazione di alcuni dei giovani protagonisti (quasi tutti attori non professionisti), Le migliori cose del mondo vuole essere un’opera realisticamente aderente al microcosmo del liceo brasiliano in cui è ambientato. Obiettivo in parte raggiunto: lontani dall’essere figure stereotipate, i ragazzi si confrontano e si aprono in modo non banale, affrontando tematiche come la diversità e la deformazione del concetto di privacy nell’epoca del Web 2.0. Se è piacevole vedere una rappresentazione cinematografica degli adolescenti che si sforzi di elevarsi più su dei canonici 3 metri sopra il cielo (e sorprende in positivo che il “tormentone” delle love story sia niente meno che l’immortale Something scritta da George Harrison), è difficile sorvolare sulle forzature di sceneggiatura che incanalano il film verso un finale drammatico dalla risoluzione davvero troppo sbrigativa. Un po’ acerbo, un po’ indeciso, come i suoi protagonisti.
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