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The People vs. George Lucas

Regia di Alexandre O. Philippe vedi scheda film

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La recensione su The People vs. George Lucas

di scandoniano
3 stelle

Documentario banalotto, dall’andamento ondivago. Nel tentativo di emulare il dipanarsi di un film, il documentarista Alexandre O. Philippe prova a creare snodi narrativi, passando da un estremo all’altro. Di fondo si esplora l’evoluzione del rapporto tra George Lucas, creatore e regista del fenomeno “Guerre Stellari”, e gli amanti della saga. Il film è fittiziamente diviso in capitoli, con la storia che narra come gli equilibri tra il regista statunitense e gli appassionati di Star Wars si siano incrinati innanzitutto quando sono cominciate a circolare le prime versioni “director’s cut” volute dallo stesso Lucas, che hanno, a detta di quelli che possono essere definiti dei veri e propri “nerd”, modificato sensibilmente il senso dei film. Tale acredine si è acuita ancor di più in seguito all’uscita della seconda trilogia, una vera batosta per gli innamorati della trilogia classica.

Per un’ora e mezza si parla e sparla. Il regista intervista un carrozzone di fan, nerd, figuranti, appassionati, creatori di sette, ma anche autori, registi (come F.F. Coppola), collaboratori e attori (seppur caratteristi di quart’ordine): tutto per esperire il loro rapporto di amore e odio con il creatore di “Guerre stellari”, per la maggior parte di loro nient’altro che un egocentrico millantatore che ha illuso milioni di persone per poi disilluderli semplicemente per il proprio capriccio: la teoria di molti degli intervistati è che il Lucas “squattrinato” abbia creato qualcosa di grandioso ma che, una volta raggiunta l’agiatezza economica, abbia voluto rimodellare, creando versioni apocrife.

The people vs. George Lucas” può essere accantonato nella categoria “tanto rumore per nulla”. Anche in considerazione dell’inspiegabile lieto fine in cui si concentrano numerose esternazioni vicine all’idolatria per il (precedentemente) tanto vituperato Lucas. L’opinione che ne scaturisce è che si tratti di un prodotto men che mediocre, dato che parla esclusivamente di quell’inafferrabile sensazione che scaturisce dall’eccessiva foga nell’approccio ad un’opera, secondo cui maggiore sono l’attesa e le aspettative, più grande è la delusione (inevitabile) alla fruizione della stessa. Bastava considerare questo concetto per evitare di farne un film, istruttivo per certi versi (quanti di noi sapevano di vere e proprie sette di Tokyo  o delle innumerevoli versioni creata con gli spezzoni amatoriali dei fan?), ma per il resto quasi totalmente inutile.

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