Regia di Matt Reeves vedi scheda film
2008. Un 12enne, una giovane vampira. Lasciami entrare è un gioiello mélo capace di cristallizzare i dissidi dell’adolescenza in forma horror. Raffinatamente fondato sulla sottrazione, su dubbi che lasciano spazio ad ambiguità fertili, tarli che scavano nello spettatore e incarnano le contraddizioni di un’età e un mondo. Un racconto di genere che si fa parabola stratificata sulla formazione dell’Individuo, sull’accettazione dell’Altro. 2010. Del film di Alfredson, Blood Story è l’instant remake: o, meglio, la traduzione per il mercato statunitense. Reeves (Cloverfield) ricontestualizza la storia in New Mexico, si affida a un cast di giovani talenti (lo Smit-McPhee di The Road, la Moretz di Kick-Ass) e si ancora all’originale: quasi timoroso, tenta di restituirne l’atmosfera astratta, producendo una copia carbone. Con piccole significative differenze che addomesticano il prodotto senza omologarlo: i riferimenti a Reagan ammiccano a un momento di chiusura degli Usa verso l’alterità; il tema del voyeurismo ed espedienti di messa in scena accentuano l’ipotesi di una narrazione/proiezione mentale del protagonista; la musica, certi dettagli (e una microscopica censura) saturano quei vuoti, emotivi e narrativi, che disorientavano lo spettatore; il budget sostanzioso annulla il fascino kitsch straniante dei pacchiani effetti digitali. Hollywood divora, smussa le asperità e digerisce.
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