Regia di Matt Reeves vedi scheda film
Don’t try this at home. Non si fa. Non si può guardare un remake prima dell’originale, il rischio è quello che ti possa piacere senza effettivamente meritarselo. Non avrei voluto ma mi è successo con Blood Story; il fatto è che mi occupava troppo spazio sull’hard disk di My Sky, un ricco 7% che mi tornerà utilissimo questa sera per registrare il secondo Sherlock mentre sarò ad Assago a godermi le randellate elettriche degli Alter Bridge. Ops, sto divagando. Il film di Reeves è la versione americana dell’osannato esordio di Tomas Alfredson “Lasciami Entrare”. Un horror d’autore che non ho visto ma che le major si sono affrettate a riadattare per il mercato a stelle e strisce. A visione ultimata ne comprendo il motivo. La nemesi di Twilight e di tutte le belinate adolescenziali girate di recente, è una cupa e sanguinolenta storia d’amore che parla di solitudine e disagio, di sete e di fuga. Potenzialmente morbosa ed ambigua, a dispetto della giovane età dei suoi protagonisti, e per questo di gran lunga più efficace e toccante di tutta quella fuffa ammiccante mossa da edulcorati pruriti sessuali. Qui c’è dedizione, sacrificio, assenza. Senza contare poi una validissima confezione ed una tensione emotiva che regge per l’intera durata del film. E se il più sincero gesto romantico è un invito ad entrare in un'esistenza, la dichiarazione d’amore finale assume le sembianze di una mattanza che rimanda a Carrie – Lo sguardo di Satana. Massimo comune denominatore la sempre brava Chloë Grace Moretz.
PS – mi riprometto comunque di rivedere il giudizio una volta esaminata la pellicola svedese di partenza.
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