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Poll

Regia di Chris Kraus vedi scheda film

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La recensione su Poll

di EightAndHalf
7 stelle

1914. È la guerra, anzi, sta per esserlo, sempre che non sia iniziata già da un pezzo. Il giovane secolo XX si appresta ad ospitare il periodo più truce della storia dell'uomo, e simile tensione la si nota già a partire da piccoli microcosmi familiari in cui è l'insofferenza a regnare sovrana. La giovane quattordicenne Oda è il Novecento, nasce all'insegna di un gravoso senso di morte che schiaccia lei e le sue speranze, quelle costrette a venire presto a patti con precoci disillusioni. Da un lato, la macabra vicinanza all'al di là, dall'altro, la consapevolezza spiacevole dell'idiozia delle fazioni politiche e umane, raggiungimenti della maturità in contrasto con le briciole di speranza che ancora possono germogliare in qualcos'altro: forse proprio Poll è il luogo dove poter trovare la felicità, una località balneare estone in cui Oda va a raggiungere il padre dopo la morte della madre, insieme alla nuova acida moglie del genitore. Che poi felicità è dire tanto: ciò cui Oda può aspirare è l'ottenimento di quello che vuole, la conoscenza che possiede il padre in fatto di medicina e di anatomia (forse, più in senso lato, una maggiore autonomia). Il padre, infatti, dottore esperto e stralunato, ha una macabra attrazione nei confronti delle scoperte scientifiche, e coerentemente con gli insegnamenti assai materialistici impartiti alla figlia, ama "corteggiare la morte" sezionando cadaveri, collezionando feti (sani o malati che siano) dentro grosse bocce piene di liquidi verdastri, per scoprire il corpo umano tramite il cervello e sempre tramite il cervello la personalità dell'uomo stesso. Pretesa disattesa, quella della conoscenza, la quale gli verrà rinfacciata dalla giovane moglie, violoncellista adultera contraria a qualsiasi possibile comportamento contrario all'immagine sana e conservatrice che lei con il marito sono riusciti a crearsi nella località. Si tratta dopotutto di tedeschi in terra nemica, desiderosi di isolamento e disposti a dichiarare totale fiducia nello zar piuttosto che essere stravolti dalle tensioni diplomatiche di quegli anni.

 

 

Oda carica su di sé il peso intero di una grande menzogna: fallendo il tentativo di riporre fiducia su Poll e sulle novità del luogo (che lei esplora e da cui rimane presto delusa), decide inaspettatamente di aiutare un anarchico fuggito durante una sparatoria, e di nasconderlo nella soffitta sopra il laboratorio del padre. Il corpo del rifugiato è una tavola di prova per le abilità infermieristiche di Oda, che riesce a curarlo e a riassettarlo prima della sua partenza, ostacolata dalla fitta presenza di soldati nella regione circostante. Prima di partire, però, il legame fra Oda e Acquavite (così lui si fa chiamare, anarchico per fatti e per identità!) diviene sempre più affettuoso, anche se nella crescita troppo svelta di Oda si avverte come la sensazione che la vicinanza a quell'uomo sia per lei un modo per appigliarsi a qualcosa, e per non sprofondare nella solitudine che la morte della madre le ha provocato e che la follia sempre più evidente del padre le trasmette. Andando lei stessa contro tutto e tutti, manifestando grandissima sfrontatezza nei confronti del regime zarista come di qualsiasi altra classe politica, dovrà affrontare il destino di tutti gli altri, quello dell'intero mondo: lo scoppio di una catastrofe.

 

 

Poll è la brillante introspezione di un piccolo mondo, un'immersione dai modi eleganti e magniloquenti, epici e spesso esteticamente compiaciuti, ma in grado di valorizzare luoghi, volti e ambienti con il semplice fluttuare della macchina da presa. Sequenze ridondanti come le panoramiche sulla curiosissima casa di villeggiatura in cui i fatti hanno luogo possono a buon ragione infastidire, a lungo andare, e rischiano di appiattire una regia in altri momenti affascinante e raffinata, in grado di scivolare via fra situazioni e contrasti (formali, contenutistici) con un grande equilibrio narrativo ed espositivo. Dell'altra buona opera di Chris Kraus, Vier Minuten, tornano le sensazioni da thriller "umano" ed emozionale e la musica classica, cioè a dire lo splendore e l'armonia dell'estetica e della soundtrack in contrasto con la disarmonia dei contenuti, lì viranti all'ambiguità, in Poll tendenti alla catastrofe. Immagini come quelle della violoncellista che suona mentre il laboratorio va in fiamme, o sequenze come quella della carrellata dall'alto della soffitta al basso del laboratorio sono difficili da dimenticare, e Kraus è abilissimo a dispensare per ogni personaggio contraddizioni e misteri dell'animo (prima cosa fra tutte, le perplessità sul personaggio di Oda, giovane per niente innocente capace di piccole crudeltà come l'uccisione della rana o la pseudo-tortura a un altro ragazzo, per rincorrere ciò che vuole), finché il regista non si lascia trascinare dal dramma, e costeggia l'eccessivo nel plurimi finali poco convincenti, laddove forse poteva funzionare meglio una sintesi. Le didascalie a fine film sono la mazzata finale, lo zoppicante e insopportabile dimezzamento del fascino di un'opera straniante e discontinua, pregna di una forza difficilmente riscontrabile nel moderno cinema tedesco. E di certo non ci si aspettava simile caduta di tono sul più bello dopo che, con grande coraggio, Kraus si era messo a contemplare (attonito lui come noi) i festeggiamenti dei soldati zaristi al momento della dichiarazione di guerra.

 

 

Perché il mondo di Poll è il mondo dell'isteria collettiva di inizio Novecento riprodotta nei giganteschi drammi di un piccolo essere umano contaminato.

 

Poll (2010): Trailer Originale

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