Regia di Guillaume Canet vedi scheda film
Opera terza da regista per l'attore Guillaume Canet, che almeno con il thriller "Non dirlo a nessuno" aveva dimostrato una abilita' e una capacita' di confrontarsi con la tensione per nulla scontati.
Qui, come notato un po' da tutti, siamo in zona "Grande freddo", quindi forse, in generale, attorno ad un genere meno insidioso tecnicamente, ma con un precedente cosi' illustre da aver annientato molte altre (sbiadite) copie che negli anni hanno tentato (invano) di ripetere il successo e di segnare un'epoca al pari dell'ottimo film di Kasdan.
In seguito ad un grave incidente occorso di prima mattina mentre stava facendo ritorno a casa dopo una serata in discoteca, un viveur quarantenne si ritrova gravissimo in coma all'ospedale, attorniato dagli amici, piu' o meno coetanei, che con l'occasione si rivedono e si ritrovano al triste capezzale. Quella tragedia non impedisce loro di rinunciare alla vacanza estiva abituale a casa del piu' anziano di loro, nei pressi di Cap Ferret, al mare. In quella occasione, forse anche a causa di un certo senso di colpa che matura in tutti loro per aver sostanzialmente abbandonato l'amico, solo in un letto d'ospedale a combattere la sua battaglia piu' dura, vengono a galla prepotentemente tutte le incomprensioni e le "piccole bugie" (per giustificare almeno un po' il fuorviante e posticcio titolo italiano) che ognuno di loro fino ad ora aveva nascosto, e che ora tira fuori senza neanche rendersi conto di cio' che si puo' innescare per minare il quieto vivere e incrinare rapporti di amicizia che si credevano ormai perfettamente consolidati.
Il film cade spesso e consapevolmente vittima di musiche e canzoni piacevolmente ruffiane che fanno molto "carineria" e falsa emotivita', si dilunga in situazioni che non possono non risultare ripetitive e scontate, e non basta un cast di recenti premi Oscar e attori d'oltralpe alla ribalta (che poi e' la sola ragione per cui i furbissimi distributori italiano hanno rilanciato tardivamente il film, attribuendogli un titolo ruffiano e meno lacrimevole dell'originale) a far sì che la pellicola possa dirsi riuscita. Ne emerge pero' senza dubbio una generazione di 40/50 enni egoisti, egocentrici, ipocondriaci che non riescono a rinunciare alla loro settimana di falso relax anche a costo di abbandonare l'amico che piu' di loro osava rifiutare certi compromessi e amava fare quello che riteneva piu' consono al suo esuberante carattere, cosa che nessuno dei suoi vigliacchi amici superstiti e' mai riuscito minimamente a fare
per i mille timori nei confronti della rispettiva posizione sociale o nei confronti della famiglia in cui si sono incastrati, perche' questa possa in qualche modo risultarne danneggiata. Il finale in gran lacrime, con i fazzoletti del titolo originale (penso si alluda a quelli) spianati come per una esecuzione, compromette ancora di piu' il sospetto, gia' evidente durante tutto il film, di furberia, di sentimenti telecomandati, di pianificazione troppo ragionata e scaltra dell'intera vicenda. E neanche la presunta crisi esistenziale dell'attore/regista Canet alla soglia dei suoi primi quarant'anni, come si e' tentato di raccontarci per giustificare la genesi di quest'opera, ci impedisce di pensarla in questo modo.....forse perche' non ci sono piu' i romanticoni di una volta, gli spettatori disposti a bersi ogni cosa pur di meritarsi un finale consolatorio, e la malizia assale il nostro animo ormai cinico e inguaribilmente perduto nell'aridita' che assale ogni contesto del vivere la dura quotidianita'.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta