Regia di Tom Hooper vedi scheda film
Pregio non primario del film, ma neppure troppo collaterale, è quello di averci permesso di rivedere finalmente Helena Bonham Carter come mamma l’ha fatta (coi vestiti addosso, naturalmente), cosa che mi sembra non accedesse più da quando quel pazzoide di suo marito ha preso a mostruosizzarla in tutte le salse: si è arrotondata un po’ (passa per tutti il tempo), ma rende ancora quella delicatezza che già le è appartenuta sui set pre-Burton, tanto quanto le è estranea nella vita reale. Il pregio primario del film sta sicuramente nella coppia protagonista Firth/Rush, e sinceramente, tolte queste cose e una scenografia impeccabile perfettinamente british, al film non è che resti poi tanto. Da una sfilza di candidature Oscar, fermo restando che la macchina degli Oscar si sa che viaggia a combustibili non esattamente omologati alle leggi comuni, era lecito aspettarsi qualcosa di più. Era lecito, visto che ci si prende il lusso (al cinema, si può) di dare tanta leggerezza al fatto che il re d’Inghilterra, rivolgendosi al suo eh-popolo, si preoccupa più della sua balbuzie che non della dichiarazione di guerra, visto insomma che, stracciata per stracciata, la realtà che si voleva rendere era leggera e scanzonata… bhè, in una sala stracolma fino alle prime file era lecito aspettarsi di sentir (sor)ridere qualcosina di più. Invece (giurerei di aver sentito i miei vicini di posto sussurarsi nell’intervallo che “Era meglio l’orso Yoghi”), data per buona la scelta della taratura leggera, si è persa l’occasione di fare un film che fosse davvero brillante, magari vagamente dissacratorio (perché no…), dato che i presupposti non mancavano con l’originalità indiscutibile del logopedista/Rush alle prese con i reali d’Inghilterra. Erano alla portata di mano moltissime possibilità che una sceneggiatura perfettina e british, lubrificata per la notte degli Oscar, ha invece vanificato. Peccato. Speriamo in un remake, magari con Mastandrea nella parte del re e Bisio in quella del logopedista (prenoto e rivendico sin d’ora i diritti d’autore). Due stelline e mezzo arrotondate a tre.
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