Regia di Martin Provost vedi scheda film
Séraphine de Senlis (un'affettata Yolande Moreau) rubava i misteriosi colori dalla cera delle candele, dalla terra e dal sangue degli animali macellati. Umile domestica, realmente esistita nella Francia del primo Novecento, riempiva il suo inseparabile cesto di vernici e ampolle, invece di cibo: la bottega del droghiere e la chiesa erano più importanti del fornaio. Poi si rinchiudeva nella sua spoglia stanza, mescolava con magica cura quei "preziosi" ingredienti e innalzava notturne preghiere a Dio con visionarie nature morte. Scoperta casualmente dall'esule collezionista tedesco Wilhelm Uhde (Ulrich Tukur), fu una delle generatrici del movimento naif. Raggiunse assai faticosamente una breve fama che non le impedì, purtroppo, di mutare il suo ingiusto, triste destino.
Provost ingessa la macchina da presa indugiando in statiche inquadrature naturalistiche. Soffoca il soggetto con una messa in scena troppo schematica che sterilizza le emozioni neutralizzando la partecipazione. Un'operazione affascinante, ma programmatica. Splendida, in ogni caso, la fotografia di Laurent Brunet che illumina sfolgoranti scorci rurali con rara, sorprendente nitidezza preraffaellita.
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