Regia di Fariborz Kamkari vedi scheda film
Mi sono avvicinato a questo film con molta circospezione: mi insospettiva il fatto che l'Italia apparisse come produttore, insieme all'Iraq. Per poi scomparire nel nulla, il regista e gli attori sono tutti arabi, e soltanto in un breve dialogo viene nominata Roma, sede di studio di una degli interpreti.
Inoltre, per essere un film prodotto recentemente, la regia e la sceneggiatura sembrano una mediocre pellicola degli anni '80.
La storia, comunque, è vera e drammatica, e si rivolge proprio agli anni '80, nel bel mezzo del regime di Saddam Hussein, intento a reprimere con tutta la crudeltà possibile il popolo curdo.
E' l'occasione per tornare indietro sino a quel vergognoso periodo della nostra storia, quando militari di ogni nazione parteciparono all'annientamento del dittatore iracheno, senza comunque risolvere il grande problema della sopravvivenza del popolo curdo.
Troviamo Najla (Morjana Alaoui) medico laureato in Italia, che torna a Kirkuk per cercare il suo fidanzato, SherKo (Ertem Eser) anch'egli medico, di origine curda, rientrato improvvisamente in Iraq e deciso a tagliare i ponti con Najla. In effetti, Sherko non si trova, ma Najla non demorde, rischia di essere arrestata, si reca in luoghi proibiti agli arabi, sino a quando ritrova il suo uomo, che è molto cambiato, e che cerca di convincerla a tornare in Italia, dove potrà continuare gli studi per la specializzazione.
In realtà, Sherko è entrato a far parte della resistenza curda, e rischia la pena di morte.
Najla decide di restare a Kirkuk, ma gli uomini di Saddam Hussein hanno già scoperto il complotto di Sherko con i suoi compagni, lo catturano e lo torturano, mentre Najla deve sottostare alla violenza carnale di un ufficiale delle guardie di Saddam Hussein,Mokhtar (Mohamed Zouaoui) che si dichiara innamorato di lei e vorrebbe sposarla, per sottometterla definitivamente alle usanze arabe.
Najla cede alla violenza per poter salvare Sherko da morte sicura, e deve sottostare ad un'altra violenza da parte di un funzionario corrotto, il quale, oltre a possederla sessualmente, le porta via anche la casa che le hanno lasciato i suoi genitori.
Intanto i rastrellamenti portano a fucilazioni di massa, il regime mostra tutta la crudeltà possibile e tutto l'odio verso la comunità curda.
Najla riesce ad entrare in una sorta di campo di concentramento, come medico, e inventa uno stratagemma per evitare la fucilazione di tante donne: iniettando farmaci scaduti, induce nelle prigioniere uno strano sfogo simile al colera. Scoperta, viene destinata a fucilazione, ma riesce ancora una volta a fuggire, portando con se Sherco, e mettendo in atto stratagemmi da vera eroina.
Putroppo, l'epilogo è tragico, Najla viene colpita a morte durante un conflitto a fuoco con le guardie di confine, mentre Sherko si salva.
I fiori di Kirkuk sono quelli che Sherko depone, ai tempi nostri, in un prato sotto il quale c'è la fossa comune dove è sepola Najla con le altre sfortunate persone colpevoli soltanto di appartenere alla razza curda. Insieme a lui, a deporre fiori di campo, un
ragazzo, che Lajla aveva portato in salvo ancora in fasce.
Il film lascia l'amaro in bocca, le scene di violenza, le uccisioni, la disperazione di tanta gente inerme, è voluta dal regista, che sembra aver voluto rendere un poco di giustizia a un popolo ingiustamente oppresso.
Gli interpreti stanno al gioco, ma forse non sono pienamente coinvolti, inizialmente i loro problemi e i loro interessi personali sembrano lontani dalle ombre che incombolo minacciose, poi tutto diviene frenetico, ossessivo, paranoico. La morte come sempre la fa da padrona.
Alla fine, torna la pace anche nel cuore di Sherko, Najla è morta per difendere lui e la sua causa.
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