Regia di Fariborz Kamkari vedi scheda film
Potrebbe sembrare un’eroina francese, tanti sono gli stereotipi che demolisce. In realtà, Najla è una donna irachena, indipendente ed emancipata. Ama (corrisposta) Sherko, che è curdo, ed è a sua volta amata da Mokhtar, arabo come lei. Ma per tutti e tre il sentimento si rivelerà impossibile, quando non addirittura fatale: siamo infatti nell’Iraq degli anni 80 e Saddam Hussein ha appena azionato la macchina del genocidio etnico. L’ha sperimentata – sopravvivendo - il regista stesso, Fariborz Kamkari, un curdo iraniano ormai trapiantato a Roma che però sente ancora nelle orecchie la violenza delle bombe. Da lì, dall’esperienza del sangue sulla propria pelle, l’urgenza di trasformare le immagini in un ramoscello d’ulivo, con il rischio - a tratti - di far scivolare il film nel mélo. Certo però, non viene mai messa in dubbio la buona fede del cineasta, che ha il merito di mischiare ingredienti propri della cultura europea (principio dell’autodeterminazione) con altri più prettamente mediorientali (una certa poeticità e la concezione drammatica dell’amore). E, in questo senso, è lo stesso titolo a darcene conferma.
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