Regia di Fariborz Kamkari vedi scheda film
I fiori sono quelli che colorano la terra dei dissidenti curdi che hanno perso la vita per combattere il regime di Saddam.
La storia è una storia d’amore per un uomo che si traduce con l’amore per la propria terra dilaniata. Una presa di coscienza feroce che trasforma la vicenda personale con l’evoluzione del proprio paese. Un intreccio, magari ingenuo, di tradimenti e doppi giochi, amori corrisposti e non, fughe e compromessi, che esaltano la figura di Najla, dottoressa in amore, la deliziosa tunisina Morjana Alaoui, protagonista di una cruenta metamorfosi una volta a contatto con le lotte intestine di un paese, del suo paese, destinato a perenne inquietudine.
I fiori sono quelli rari di una terra arida ed inospitale. Fiori strappati, fiori asfittici, fiori che non conoscono giardino.
Il film indugia forse eccessivamente su sentimenti scomposti, ma tende a far risaltare la confusione, anche d’animo, di tutti i protagonisti costretti a scelte drastiche, seppelliti dal dovere, travagliati da dilemmi esistenziali ma anche affascinati e condizionati dalle proprie passioni, cosi l’ufficiale di Saddam promesso sposo soffre d’eccesso d’enfasi, e Sherko, l’oggetto d’amore di Najla, deve subire passivamente una sceneggiatura che lo elegge ben presto a dimesso accessorio. Ma volentieri perdoniamo le inesattezze stilistiche ed una trama narrativa arrangiata, volentieri chiediamo venia per la ricerca del dettaglio perdendo cosi di vista il messaggio, che incredibilmente pacato giunge a scuoterci dalla poltrona, noi che, come sempre troppo spesso accade, guardavamo il dito mentre ci veniva indicata la luna.
I fiori di Kirkuk sono in memoria di chi getta il cuore contro le ingiustizie, ancora ogni giorno ed in ogni angolo del mondo.
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