Regia di Susanne Bier vedi scheda film
C'è molta similitudine nella fotografia dei paesaggi africani e quelli danesi. Tonalità calde che probabilmente segna problematiche comuni, più palesi ed estreme in quelle africane, più sfumate in quelle danesi. Pur cambiando continente la violenza o l'istinto di vendetta in nome dell'occhio per occhio e dente per dente è sempre presente.
In un contesto più "civilizzato" come quello danese, simboli primordiali (il coltello) legano indissolubilmente due vite in nome della legge del più forte, della violenza prevaricatrice.
Non è un film che mi ha convinto del tutto, formalmente bello ma con meno sostanza di quello che appare, giacché gioca eccessivamente su situazioni e personaggi abbastanza stereotipati (a parte il ruolo di Anton), mostrando inoltre forzature nella sceneggiatura.
Mi è rimasta impressa la scena del linciaggio del signore della guerra locale, non tanto per la sua violenza o efferatezza, ma per la capacità di far emergere quella che può essere una contraddizione di fondo di Anton, divisa tra un pacifismo professato e sincero a cui l'esasperazione porta a sconfessare il suo credo per abbracciare la suddetta legge occhio per occhio, senza sporcarsi le mani ed ergendosi a giudice scegliendo i boia.
Dopo una scena del genere vedere un finale così conciliatorio, mi sembra veramente stonato e poco coerente, per non dire furbo. In definitiva non è un brutto film, però una buona dose di coraggio è mancata.
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