Regia di Gareth Edwards vedi scheda film
Anno 2016, gigantesche forme di vita extraterrestri sono comparse in Messico; una vasta zona del paese viene posta in quarantena, mentre gli Stati Uniti erigono un gigantesco muro protettivo ai confini di stato.
Il film di Edwards è strutturato in maniera atipica, rispetto agli standard del genere. Poco fracassone (forse per lo scarso budget a disposizione), se paragonato ad altri lavori similari dell’ultimo periodo, e dallo smaccato tono malinconico; Il realismo della discesa negli inferi dei due protagonisti si colora ben presto di edulcorate tinte conradiane in forma di mockumentary (aperto e chiuso dalla cantilena wagneriana di un soldato americano, a richiamare un altro famoso “viaggio” cinematografico). Le immagini (splendidamente fotografate) della distruzione post-bellica causata dalla feroce guerra scatenata dagli “umani” contro le misteriose creature, fanno da onnipresente sfondo al loro cammino tra le miserie umane di una terra già sfortunata e contribuiscono a rendere irreale l’atmosfera di calma apparente. Testimoniano, inoltre, l’assurdità delle considerazioni geopolitiche e militari di fronte, in questo caso, ad una entità aliena anch’essa aspirante semplicemente alla sopravvivenza ed alla proliferazione della specie; sentimenti universali proposti dal regista in un apologo agrodolce del relativismo antropologico umano. Non tutto risulta perfettamente a fuoco, alcuni dialoghi sono ingenui e poco convincenti, ma il tutto viene amministrato con mano sicura fino al suggestivo finale di un film, a mio avviso, sorprendente.
Pacata.
Ispirata.
Spaesata.
Cinico.
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