Espandi menu
cerca
El aura

Regia di Fabián Bielinsky vedi scheda film

Recensioni

L'autore

bradipo68

bradipo68

Iscritto dal 1 settembre 2005 Vai al suo profilo
  • Seguaci 267
  • Post 30
  • Recensioni 4749
  • Playlist 174
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su El aura

di bradipo68
10 stelle

La vita di Espinoza (un sempre magnifico Ricardo Darin) di professione tassidermista , scorre pigramente senza troppi scossoni più a contatto con gli animali impagliati da lui minuziosamente preparati che con uomini in carne ed ossa. Espinoza ha una particolarità: soffre di epilessia e lui parla dei prodromi della crisi che sta arrivando come di un momento in cui converge tutto, un buio rischiarato da una misteriosa aura,  in cui è chiusa ogni comunicazione col mondo reale che propone le sue cose(suoni, odori) per aprirsi solo a un universo metafisico che gli permette per un attimo di vivere in una sorta di dimensione alternativa, incorporea.
Ma solo per un attimo perchè subito arriva il buio e dopo un po' il risveglio.
Bielinsky ci introduce subito questo aspetto di Espinoza perchè ce lo fa conoscere a terra proprio mentre si sta riprendendo da una delle sue crisi che, naturalmente, arrivano sempre nel momento meno opportuno.
Un'altra sua caratteristica peculiare è che ha una memoria prodigiosa, un novello Pico della Mirandola che ricorda perfettamente tutto quello che vede e legge.
Espinoza vuole fuggire dalla sua vita anonima e senza soddisfazione, trascorsa assieme all'odore della formaldeide che amplifica il senso di morte proveniente dai suoi animali impagliati. Cerca la rapina perfetta e un giorno  illustra il suo piano a un suo collega, Sontag.
Per parlarne più diffusamente i due partono per una battuta di caccia in Patagonia in cui Sontag non perde occasione di mostrare la sua virilità confrontata al rifiuto quasi di sparare dell'altro.
Dopo una crisi però Espinoza credendo di sparare a un cervo uccide un uomo che è il padrone del capanno in cui risiedono per andare a caccia. E scopre che l'uomo, Dietrich, è impegnato nella realizzazione di un colpo milionario ai danni di un furgone portavalori.
Decide di sostituirsi a lui nell'organizzazione del colpo. Vuol diventare il padrone del proprio gioco e non un semplice comprimario.
E siamo solo all'inizio, delittuoso raccontare di più senza spoilerare selvaggiamente.
El Aura , un grande film , è purtroppo l'ultimo film del prematuramente scomparso Fabien Bielinsky, scomparso nel 2006 a  soli 46 anni, che già ci aveva deliziato con le scatole cinesi di Nove Regine. E' per questo che acquista il sapore di un triste epitaffio sulla carriera di un grande regista che avrebbe potuto regalare tante gioie al mondo di celluloide.
Perchè era un grande regista: El Aura è formalmente un thriller che si apre a suggestioni noir calato in un contesto ambientale da brivido, la foresta della Patagonia alternata a qualche squallido scorcio urbano in cui come nella memoria di Espinoza tutto trova la sua esatta collocazione matematica.
Il cinema di Bielinsky è di fatto matematica a 24 fotogrammi al secondo, tutte le sequenze hanno il loro perchè nella perfetta economia del racconto che come un vortice circolarmente converge accumulando suggestioni verso il climax rappresentato dalla rapina al furgone. 
Anche il ritmo apparentemente compassato ha un suo perchè adattandosi perfettamente ai grandi spazi patagonici e al ritmo biologico  di Espinoza che pur avendo una memoria prodigiosa sembra reagire sempre col classico attimo di ritardo, il paradigma della sua esistenza fuori tempo massimo , unico abitante del proprio pianeta che attende lo sprone definitivo ad uscire dai meandri malmostosi dell'accidia in cui è precipitato. 
Forse è proprio quell'aura, quella momentanea apertura della mente sensazione indefinibile e momentanea che fa da contrappunto alla sua vita senza perchè, che gli indica , gli illumina la via da percorrere. 
El Aura è un film dal linguaggio registico forbito ma non stucchevole , un oggetto cinematografico che trasuda tecnica e passione, con una regia vivacissima alla ricerca sempre di prospettive visuali nuove e per questo ancora più affascinanti.
Quasi un contrappunto alla fissa maestosità della Patagonia, terra dai confini che sfumano nel mito.
Ricardo Darin dà ancora una volta prova tangibile della sua bravura recitando una parte difficile, stratificata, quasi sottraendo colore al suo personaggio per rendere perfettamente l'idea del suo grigiore.
(bradipofilms.blogspot.com)

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati