Regia di Liliana Cavani vedi scheda film
Vita di Milarepa è un testo tibetano risalente ai tempi in cui il santone visse (a cavallo fra undicesimo e dodicesimo secolo); in Occidente era arrivato, al momento della realizzazione di questo film, soltanto tradotto in inglese. La Cavani, affascinata dalla lettura e dal personaggio, decise di trasportare le sue gesta su pellicola: con una sceneggiatura scritta insieme al giornalista Italo Moscati ecco così che prende vita il quinto film della regista emiliana. Dopo aver messo in scena personaggi complessi e forti icone carismatico-spirituali come San Francesco (Francesco d'Assisi, 1966), Galileo (1968) e Antigone (I cannibali, 1969), la Cavani volge il suo sguardo 'rosselliniano' (inevitabile il paragone con il cinema 'didattico' intrapreso proprio in quegli anni dall'ormai ex autore neorealista) a Oriente e, con una curiosa variazione del classico stratagemma del flashback, ripercorre la vita e le opere di Milarepa. La variazione consiste nell'accostare, utilizzando i medesimi attori, le vicende ambientate nell'undicesimo secolo e quelle odierne di uno studente spinto dal proprio venerato professore a studiare la Vita di Milarepa; così se Lajos Balaszovits interpreta Leo (lo studente) e Milarepa, Marisa Fabbri veste i panni della madre di entrambi, mentre il professore e il Maestro spirituale di Milarepa sono affidati a Paolo Bonacelli. Girato prevalentemente in esterni in Abruzzo, scelta assolutamente non scontata - e vincente - per evitare una dispendiosa trasferta asiatica, anche questo lungometraggio della Cavani (come già Francesco e Galileo) gode della produzione della Rai; buona la forma, la narrazione va un pochettino a rilento. 6/10.
La vita di Milarepa, santone buddhista tibetano che visse a cavallo fra undicesimo e dodicesimo secolo, sperimentando inizialmente la magia nera (introdottovi dalla madre, astiosa verso i parenti che la vessavano) e finendo quindi nella magia bianca, utilizzata come guida verso la saggezza.
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