Regia di Tony Scott vedi scheda film
A causa dell'imbranataggine di un macchinista decerebrato (Ethan Suplee, il Randy Hickey di "My name is Earl", tristemente abbonato a ruoli da deficiente), un treno privo di controllo e carico di una pericolosa sostanza chimica viaggia a tutta velocità verso una cittadina della Pennsylvania. L'estremo tentativo di scongiurare una catastrofe è affidato ad un macchinista innamorato del proprio lavoro ma costretto ad un pensionamento anticipato e ad un giovane capotreno con una situazione familiare piuttosto incasinata: riusciranno nella pericolosa missione? Come credo di aver già spiegato in qualche mia precedente opinione, ho sempre nutrito una certa simpatia per il buon Tony Scott, fratello un po' sfigato e decisamente meno talentuoso del ben più noto Ridley: forse perché sono un bastian contrario e non mi piace unirmi al coro dei suoi tanti detrattori (spesso con la puzzetta al naso di chi si ritiene un cinefilo) che, fin dai suoi esordi nei lontani anni '80, lo hanno immediatamente accusato di essere solo un regista di patinati videoclip ("Miriam si sveglia a mezzanotte", "Revenge"), un larvato fascista ("Top Gun", "Allarme rosso"), un regista estremamente "commerciale" ("Beverly Hills Cop 2", "Giorni di tuono", "The fan"). Personalmente trovo che Tony Scott abbia sempre avuto una sua dignità ed una personale cifra stilistica che gli hanno permesso di realizzare eccellenti film d'azione, caratterizzati da una confezione elegante e raffinata e da trame spesso divertenti e coinvolgenti. Cinema di genere, certo, ma qual è il problema? Con il cinema di genere qualcuno si è costruito negli anni una fama di Grande Autore, Tony Scott non se l'è mai filato nessuno (se non per insultarlo), anche quando ha realizzato il suo capolavoro assoluto, "Una vita al massimo", sorta di "Pulp FIction molto prima di Pulp Fiction" e, non a caso, sceneggiato proprio da un ancor giovanissimo e sconosciuto Quentin Tarantino. Purtroppo, però, anche per un "quasi-fan" di Scott quale rivendico orgogliosamente di essere, non posso fare a meno di rilevare la sostanziale involuzione del suo cinema che, negli ultimi anni, forse a causa di sceneggiature non sempre all'altezza, proprio non riesce più a risollevarsi da una sotanziale e sostanziosa mediocrità: già, perché con buona pace di FilmTv e delle sue non sempre condivisibili recensioni, "Unstoppable" è un film mediocre, con una sceneggiatura non esattamente originale (siamo all'incrocio tra "Speed" e il vecchio e notevole "A 30 secondi dalla fine", ma senza l'adrenalina del primo e la disperazione del secondo), un co-protagonista (Chris Pine) davvero insignificante (ma anche il grande Denzel non è che si sbatta più di tanto, meno male che c'è la brava e bella Rosario Dawson), un discreto crescendo emozionale che sfocia inopinatamente nella proverbiale bolla di sapone finale, un andamento quantomeno prevedibile, una stanchezza diffusa che distoglie ben presto l'attenzione dalla vicenda (per tutto il secondo tempo ho guardato il film giocando contemporaneamente ad un solitario sul mio portatile: a tratti ho trovato più emozionante il gioco di carte). La cosa più paradossale è che lo stile estremamente adrenalinico di Scott poteva esaltarsi in un film su un treno lanciato a tutta velocità in una folle corsa e, invece, il regista inglese stempera molto i virtuosismi (invero un po' frastornanti) che aveva palesato in pellicole precedenti come "Domino" e, forse nel tentativo girare un'opera dal sapore più "classico", si limita a frequenti (ed un po' incogrui) movimenti di camera e a non troppo necessarie zoomate improvvise: il risultato non è né carne e né pesce. Un film poco riuscito: voto mediocre.
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