Regia di Danny Boyle vedi scheda film
Il registro imposto da Danny Boyle a questo suo 127 ore è più anfetaminico che adrenalinico. Adatto ad una (M)tv monotematica di sport estremi o ad uno spot pubblicitario. Ha poco a che vedere col luogo cinematografo, molto più con la sala montaggio. Men che meno col deserto e la solitudine o il dolore. Il delirio dell'ottimo Franco riscatta finalmente a tre quarti pellicola la visionarietà d'insieme rendendola quantomeno coerente col narrato. Nel fondo del crepaccio resta (anche) il cuore del pluripremiato e sovraeccitato regista. Dido e (soprattutto) i Sigur Ros lo salvano in zona Cesarini. Post(sovra)prodotto.
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