Regia di Charles Ferguson vedi scheda film
Cartolarizzazioni, derivati, bond, subprime, rating, bolla speculativa e bonus sono tutti termini entrati di forza nel nostro vocabolario e che avremmo preferito continuare a ignorare. E invece dal 2008 queste parole evocano spettri inquietanti, si annodano ad altri vocaboli come recessione, crisi, disoccupazione, pignoramento, fallimento, chiusura. Il documentario che, nell'apposita sezione, ha vinto l'Oscar nel 2011 prova a raccontare - senza grandi pretese di originalità e con uno stile che non è certo quello di Michael Moore - cosa e come è successo che i pescecani della finanza, con speculazioni folli e giocando sui risparmi del ceto medio e di chi ha quasi nulla, si siano spropositatamente arricchiti con la complicità di governi fantoccio, compresi quelli di Clinton e Obama. Non è un mistero per nessuno che la crisi finanziaria più disastrosa dal 1929 sia nata dalle liberalizzazioni assicurate al sistema finanziario e che queste siano figlie a loro volta del capitalismo pregiudicato degli anni '80, voluto da Reagan e dalla Thatcher. Forse invece pochi sanno che una società modello come quella islandese - che non arriva a 400mila abitanti - ha funzionato a meraviglia finché il governo non ha deciso che la finanza creativa avrebbe potuto prosperare anche lì: provocando immediatamente il collasso. Il liberismo economico e finanziario sono pura ideologia, strumenti per divaricare a dismisura la forbice sociale, rendendo i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Fidatevi.
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