Espandi menu
cerca
Love Exposure

Regia di Shion Sono vedi scheda film

Recensioni

L'autore

EightAndHalf

EightAndHalf

Iscritto dal 4 settembre 2013 Vai al suo profilo
  • Seguaci 233
  • Post 59
  • Recensioni 1054
  • Playlist 35
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Love Exposure

di EightAndHalf
9 stelle

Un piccolo dilemma con il Cinema Totalizzante: in qualche modo  esso aspira, laicamente (o meno), alla trascendenza, spesso considera e dimostra con geniale abilità un presupposto e, a partire da quello, è in grado di mettere in scena tutto, tutto ciò che desidera, senza limiti né riserve, poiché qualunque cosa sarà giustificata dal Totalizzante (che rischia di diventare scappatoia). E nel fascino di certe pellicole si configura così un’arte intrigante che più che dare un’idea di onnipotenza e di incontrollata tracotanza (cosa che comunque avviene) rivela appunto il fatto, e il paradossale limite, di dipendere sempre e comunque da un’idea, da un concetto (spesso inafferrabile, benché geniale). L’idea alla base di Love Exposure, ovvero l’osservazione pazzoide e folleggiante del sentimento amoroso (con tutto ciò che comporta e non comporta direttamente), poteva dare adito all’assurdo limite dell’illimitatezza, ma Sono, celebrato regista giapponese contemporaneo, rifugge simile difetto e finisce per prendere un Amore definitivo ed enorme, seppur scherzoso ed edulcorato, come pretesto e come snodo centrale per discutere davvero di tutto e di più, mai dipendendo davvero dal tema dell’Amore, ma affiancandolo a suggestioni visive e tematiche che risultano davvero estasianti, sempre straordinariamente coerenti. Chi ama Love Exposure ama infatti la deformità, l’assenza di rigore, l’ostentazione di un caso paradossalmente ragionato in cui la ragione non solo è sconfitta, ma è morta e sepolta da un pezzo, contaminata da un’infinità astratta (l’Amore come la Religione e molto altro) e ridotta a una successione imprevedibile di capitoli di diversa durata che finiscono per corrompere la fissità stessa della geometria cinematografica, con poche semplici trovate: non solo i capitoli brevi, lunghi, quasi mai coerenti con loro stessi, ma la presentazione del titolo dopo un’ora intera di film, in cui, si scopre solo dopo un poco, si è solo presentato il protagonista e lo si è fatto senza citare gli altri due personaggi principali (Aye e Yoko) che pure nella storia hanno un ruolo fondamentale. Mai, però, in tutte le quattro ore del film, un momento di quiete: Love Exposure è un vortice di fatti, eventi, situazioni, dialoghi, che fra l’inutile e il fiabesco si riempiono di un’ambiguità che sembra fatta più da ingenuità infantile che da matura perversione, nonostante le frequenti allusioni alla sessualità. Non è un caso, infatti, che il protagonista Yu sia proprio un giovane vergine che mai ha goduto di un’erezione e che ha sempre associato il proprio corpo e le sue potenzialità a qualcosa che avesse a che fare con la religione, finanche negli aspetti più astratti dell’animo umano. È così infatti che l’Amore finisce per essere associato ad un’Erezione (del cuore!) e le proprie azioni anche più basse alla consapevolezza di aver commesso o meno un peccato. Non solo questo, che rivela l’estremo materialismo di Sono pur nell’assenza di evidente pessimismo (è tutto forse più riconducibile ad una irregolare parabola edonista, ma poco è davvero categorizzabile: è indubbio che il film desti un’energia vitale infallibile), ma è anche interessante ciò che Yu decide di fare col proprio corpo, dividendolo, effettivamente, fra azioni volontarie e pratiche, come quelle di diventare un pervertito e spiare le mutandine delle ragazze con la bislacca pratica del Tosatsu (una sorta di kung fu con macchina fotografica assortita), e azioni involontarie e incontrollabili, come quella dell’Amore che pure diventa motore di tutto. Le stesse azioni volontarie diventano però punto di partenza per dare adito a una tendenza assolutamente imprevedibile, ovvero quella di agire per accontentare un padre sacerdote che chiede sempre al figlio di confessarsi e che si accorge se eventualmente questi mente, ma non è in grado di capire che si trova di fronte a un figlio al limite della santità, vergine tanto quanto puro (ancora una volta corpo e anima sembrano convivere in una dimensione altra, sovrumana, infinita, che mai si prende sul serio), incapace dunque di commettere peccati. Sarà dunque azione artificiosa quella di fare del male, un male che pure risulterà, in fin dei conti, inoffensivo, immaturo, giovanile. Un male che qui si identifica come quello del voyeur. Forse dalla volontà di commettere il male e rendere conto di questo a qualcuno (lo spettatore?) ha origine il Cinema stesso di Sono, originalissimo regista eversivo che mette in scena dei fatti (evidentemente viranti verso la sessualità e la violenza, ma privi di morbosità) come in un atto d’amore estremo nei confronti della narrazione lineare ma “diseducata”, strampalata, priva di ellissi e di vuoti ma densa e ripiena di tutto. Come se commettesse un’arte “peccatrice” e poi venisse a raccontarlo allo spettatore per farlo, bizzarramente, felice. Ed è per di più a partire da questo male coatto e costretto che avrà vita, indirettamente, l’Amore, un sentimento che in Love Exposure fa traballare tutto, la storia, in qualche modo il regista voyeur e, in definitiva, lo spettatore. L’Amore come evento distruttivo e portatore di un Caos quasi primordiale, Resistenza nei confronti di un mondo che è fin troppo mosso da assurde Illusioni non materiali e che dovrebbe godere solo dell’Amore come reale valore ultraterreno (seppur espresso da ciò che meno è compreso e accettato, tacciato come peccato, il Sesso). È dunque con Yoko che Yu, vestito da donna, si innamora e ha la sua prima erezione. Ma Yoko, a questo presentata come personaggio stralunato e abbastanza irato nei confronti del padre sciupa femmine, è innamorata di Yu o della sua maschera? Se da un lato si può considerare l’innamoramento di Yoko come ultimo estremo ostacolo del percorso di autocoscienza di Yu, che prende, tramite l’immagine dell’esterno, consapevolezza del suo corpo e del suo spirito vitale, allo stesso tempo l’innamoramento di Yoko è anche l’ultimo ostacolo per cui l’Amore possa definitivamente diventare un valore reale e non illusorio. Sembra infatti pure illusione, questo sentimento che spinge una persona ad innamorarsi di un travestimento e, allo stesso tempo, è affiancato da un odio totale nei confronti della persona “sotto la maschera”, ovvero Yu. Yoko è innamorata di Sosare, la donna sopra l’uomo Yu, e non di Yu, che è il vero Sosare. Si immette così nel sentimento amoroso un discorso amorale (non immorale, ma semplicemente fuori ed oltre la moralità) sul rapporto fra realtà e finzione, che pure diventa l’oggetto scenico del regista Sono, che ad una prima schematica ma affascinante ipotesi potrebbe essere incarnato nel personaggio di Aye: questa, infatti, ragazza tanto folle quanto la regia di Sono, scruta i due personaggi come Sono li riprende, e infine si intromette fra di loro, così come Sono ne raffigura la vitalità. Ma Aye diventa essere parassitario, risucchia le speranze e alimenta le illusioni, in maniera tale che la sua identificazione con Sono diventa impossibile. Aye diventa l’opposto di Sono, portatrice di un’energia infinita di genuino e affascinante male (che fascino divertito le parti dentro la sua limousine!). Ecco che l’Amore diventa costretto fra Bene e Male, irregolare Verità e irregolare Menzogna. E l’Amore è trascinato da entrambe le parti, la Chiesa Zero di Aye e la Vitalità Infinito (per nominare una espressione antipodica a quella della setta di Aye) di Sono (incarnata forse nella lunga esilarante sequenza in cui Yu risponde ai vari pervertiti in un salone che, opposto a una chiesa, è pieno di raffigurazioni di falli). È infatti verso quella positiva energia benefica (vitalità, anche a costo della morte!) che Sono cerca di trascinare Yu e Yoko, risucchiandone convenzioni e congelamenti sociali verso un finale che nella sua immediatezza non lascia dubbi, e sancisce la vittoria definitiva del Cinema. È dunque anche di Cinema che Love Exposure parla, sia nell’attiva presenza della regia di Sono sia nel rapporto fra realtà e illusione che pure diventa problematica seria e fondamentale per dare uno spaccato molto reale della società giapponese contemporanea, compressa fra edonismo e ristrettezze bigotte e borghesi. È dunque così che Love Exposure racconta la sua folle storia d’amore, classica, moderna, fuori dal tempo, immersa in un’infinità di situazioni che parola umana non saprebbe condensare e che esplode in un’infinita e divertente meraviglia nelle immagini di Sono. Se praticamente si possono delineare implicite tracce di pessimismo, la forza del Cinema (anche nel terribile Cold Fish) spinge verso una Vita e un’Energia che non sono cristallizabili in ottimismo o pessimismo, ma possono concludersi nelle conseguenze più disparate. E anche in un Film Definitivo come Love Exposure non troviamo (com’è giusto) risposte, e forse proprio per questo il capolavoro di Shion Sono è un Film Definitivo, in cui l’Amore, supposto motore di Famiglia, Amicizia, Religione, Speranza, Vita, subisce l’ultimo scossone per implodere in un ultimo improvviso attimo.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati