Regia di Shion Sono vedi scheda film
Amore atomico
"Cos'è che rende un uomo grande, ammirato dal creato, gradevole agli occhi di Dio? Cos'è che rende un uomo forte, più forte del mondo intero; cos'è che lo rende debole, più debole di un bambino? Cos'è che rende un uomo saldo, più saldo della roccia; cos'è che lo rende molle, più molle della cera? È l'amore!"
- Søren Kierkegaard -
Love Exposure è un film totale, deliziosamente anarchico, feroce in tutta la sua sconfinata dolcezza. Un'opera folle e ambiziosa, in cui sentimenti e perversioni esplodono in maniera fluviale: il fluire diegetico di avvenimenti inarrestabili, di situazioni improbabili e straordinarie, avvolgono lo spettatore per l'intera durata di 237 minuti. Il film è dirompente, inesorabile, linearmente impazzito. Una pellicola che trova la propria forma (anche) attraverso i contrasti: dalla spensieratezza ai pugni allo stomaco, dalla moralità all'eresia, dalla normalità quotidiana alla pazzia più totale, dal sangue ai sorrisi, dall'evirazione alla preghiera. Love Exposure è una maratona spasmodica, un viaggio interno ed esterno; un lungometraggio assoluto, completo: si passa dal genere sentimentale alla commedia, dal drammatico al grottesco, dall'azione al gore, dal thriller al trash; in tutto ciò lo spettatore si lascia trasportare dal profluvio nevrotico della narrazione, in costante deflagrazione di improbabili e infettivi eventi ineluttuabili. Un'opera tremendamente scorrevole, che è di una leggerezza sconcertante e devastante. Come spesso accade nelle opere di Sion Sono, si parte da un quadro familiare malato e deviato: tutto parte dalla (ir)realtà domestica, che è la gabbia che proibisce ai protagonisti di emanciparsi in modo non violento. Famiglia, nido del caos, rifugio del Male, come in Cold Fish e Strange Circus: il punto di partenza in cui i personaggi smarriscono la propria strada, il proprio percorso esistenziale; Love Exposure è un film che racconta (anche) la solitudine e le conseguenze che essa comporta, in chiave paradossale, caotica e trasversale: un'opera in cui avviene una deleteria spersonalizzazione, la perdita dell'identità individuale; viene mostrata, in maniera barocca e vaporosa, la castrazione spirituale e vitale che la società impone agli esseri umani: la religione soffoca tutti gli istinti, strozza la natura umana; essa è un'arma letale, che annebbia le coscienze. Il filo rosso che mantiene in piedi i protagonisti, che (col)lega le loro solitudini e le loro storie, è l'impeto passionale: questo accende l'Amore, fa sì che esso non crolli, che faccia vibrare e pulsare queste vite spinte verso la perdizione, così da mantenersi (ancora) come valore assoluto, come l'unica cosa che conta realmente. A (s)muovere i sentimenti dei protagonisti è la Violenza, emblema onnipresente della poetica del regista nipponico. Paradossalmente, le figure cardine di Gesù e la Madonna - involontari portatori (in)sani di questa violenza innata e primitiva, facilmente trasmissibile -, in questo caso, veicolano l'uomo verso una sorta di autodistruzione, l'annullamento del proprio Io, manovrando indirettamente la coscienza altrui. A proposito di manipolazioni, Koike è una figura importantissima e centrale che rappresenta l'incoerenza dell'esistenza stessa: in un certo senso raffigura l'estrema razionalità, la malvagità in persona, la crudeltà e la forza di chi vuole imporre il proprio credo - qua il suo lato da ammaliatrice -, una figura tenace che è disposta a tutto pur di raggiungere i propri subdoli scopi; allo stesso tempo, è anche una sorta di figura mistica e cristologica, totalmente disincantata, arresa alla vita, acquiescente perché lacerata dentro, ormai rinunciataria ma che si dedica comunque, pur sempre in modo disingannato, all'Amore: si lascia andare ad esso, al di là di ciò che è fisico e terreno, ma cercando qualcosa che sia Oltre, attendendo che il Sentimento possa stravolgere pure lei, pur riconoscendo la brevità dell'esistenza - ecco appunto che simboleggia un'entità umana misticheggiante, che conosce l'amarezza della vita - da qui la sua disperazione finale, la sua esplosione, il suo abbandonare questa inutile e sterile materialità. Volare, come un uccello che si libera, che abbandona la propria gabbia,. E' come se Koike cercasse di trascendere la mediocrità che attanaglia il presente. Inevitabilmente, in Love Exposure, salta fuori tutto il marciume dell'uomo: i valori risultano slabbrati, masticati, si dilatano le virtù e di conseguenza soffocano ed esplodono i peccati - in entrambi i casi, nonostante l'atto opposto delle due azioni, si percepisce l'aspetto del Male, lo squallore vincolante della società. Sion Sono si fa portavoce della perversione che alberga nell'animo umano, anche in quello di chi dovrebbe mantenere salda la propria fede, di chi dovrebbe dare l'esempio ed essere portatore di morale. Religioni e pseudo-religioni: tutto ha un aspetto goliardicamente apocalittico; ad esempio la perfidia, le deviazioni coscienziali, le castrazioni spirituali, ogni cosa è straordinariamente velata, implicitamente rappresentata, mascherata da avventura pop. Ciò che è maggiormente negata ai protagonisti del film è proprio la Libertà, in senso lato; una libertà che è richiamata costantemente, messa in gioco, tirata in ballo, anelata: Yu che è portato a commettere peccati solo per essere ascoltato e amato dal padre; Yoko che è indecisa sul proprio orientamento sessuale; Tetsu che rischia di perdere la propria fede; Koike che probabilmente è innamorata di Yu, ma decide di non abbracciare i propri sentimenti, forse per il trauma infantile relativo alla religione cattolica, di conseguenza si mette in mezzo, come elemento di disturbo, tra i due ragazzi - Yu e Yoko -, cercando di convertire l'intera famiglia verso l'estremo ma fatiscente e fasullo credo della Chiesa Zero. Per ogni singolo caso, ogni singola storia, avviene un continuo annichilimento della propria persona(lità); c'è poca fiducia in se stessi - debolezze interiori, radici corrotte, crescite dirottate per questioni familiari. Ad essere deboli sono propri gli ideali, la fede, le convinzioni esistenziali e le virtù, destinate a sciogliersi al sole. Love Exposure è una monumentale, stratificata e liberatoria architettura cinematografica. La detonazione di emozioni e passioni represse. Un'opera in totale ascesa, in continua espansione: Love Exposure è un'inaspettata erezione filmica. Una storia d'amore trasversale e pura - probabilmente la migliore dal 2000 ad oggi -, in tutte le sue caotiche sfumature e i suoi sfarzosi colori. Per trovare l'Amore, per poter sprofondare in esso, bisogna prima di tutto mettersi alla ricerca della propria identità, nascosta e schiacciata dalle varie sette, religioni, morali. Sion Sono confeziona un'opera viscerale e indisciplinata, che inquadra e sottolinea l'impossibilità di essere se stessi, di trovare la propria dimensione terrena. Vite distrutte. Love Exposure è Shakespeare che incontra il manga giapponese. La perfetta fusione tra poesia e delirio. Un'odissea nello spazio delle perversioni. Una bulimica critica alla società. "La pazzia è un'altra forma di normalità", diceva Luigi Pirandello; quindi la perversione è forse un'altra forma d'Amore? Una maratona, un'esperienza di paradossale crescita fisica e spirituale; ricercare l'equilibrio della propria sessualità, rintracciare l'armonia dell'anima. Un viaggio interiore ed esteriore, spasmodico. La colonna sonora del film è eclettica e travolgente: si passa dalla musica J-pop (Hollow me, di Yura Yura Teikoku) a Ravel (Bolero), per sfociare addirittura alla settima sinfonia di Beethoven (la sequenza sulla spiaggia è meravigliosa, inarrivabile, catartica). Un film ingordo, che si abbuffa di tutti i generi possibili ed immaginabili relativi alla settima arte, senza la minima traccia di indigestione filmica. Un'esperienza cinematografica unica ed originale. Una pellicola sullo sviluppo personale e sessuale dell'individuo. Il montaggio è scatenato, la regia furiosa e violenta. Love Exposure è una pellicola irriverente e sverginante. Dissacrante come Buñuel, provocatorio come Von Trier, sconcertante (e traumatizzante) come Fellini. Unico, come solo Sion Sono sa fare. Totalizzante.
Amor vincit omnia
"Non sono un cristiano ma mi ha sempre interessato la figura di Gesù Cristo e la religione che la circonda, credo ci sia una grande possibilità di utilizzare tutto questo come una metafora, per cui, quando devo rappresentare il bene e il male, faccio ricorso a questi simboli – ed è una cosa che reputo davvero interessante da fare."
- Sion Sono -
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta