Regia di Sergio Nasca vedi scheda film
Saprofita è ‘organismo che si nutre di materia organica o morta’ (Wikipedia). Insomma, una sorta di parassita necrofilo, che è sostanzialmente una definizione che ben si addice al protagonista di questo film. Un brutto bel film: dalle grandi idee e dalle valide ambizioni, ma realizzato con sensibile carenza di tecnica (particolarmente lacunoso è il montaggio, nonostante nei titoli di testa per esso vengano accreditati ben due nomi: Giuseppe Giacobino ed Erminia Marani) e un cast non sempre all’altezza (il ragazzino - Giancarlo Marinangeli - è semplicemente inguardabile), anche se non mancano i professionisti: Leopoldo Trieste e Janet Agren sono senz’altro i nomi più quotati, ma ci sono anche Valeria Moriconi, Al Cliver e ruolini per Luca Sportelli e Carlo Monni, che peraltro qui esordisce nel cinema. Vorrebbe essere (non fosse per questi difettacci e difettucci) uno spietato apologo contro la presuntuosa società aristocratica sudista, impietosamente descritta come bigotta e priva di morale; coraggioso soprattutto come lavoro d’esordio per un regista che in futuro non smetterà di incuriosire o addirittura stupire (Malìa). L'idea del saprofita può forse avere qualche lontana parentela con il Teorema pasoliniano, quantomeno nell'idea della figura di missionario 'a rovescio' (che assorbe la cultura del luogo ove viene mandato, anzichè portare la propria) che sta al centro della pellicola. Grandiosa la parte finale, con il vagone carico di ‘freak’ (fisici o emotivi: il ragazzino li impersona in questo senso entrambi) e un accenno di tragicommedia nell’ultima sequenza, forse però, a livello di logica, la parte più traballante di tutta la storia. Rimane comunque incisiva la stilettata critica nei confronti di certo cattolicesimo basato essenzialmente su pregiudizi e superstizioni. 5/10.
Un seminarista muto per un trauma entra in una casa di baroni del sud Italia come cameriere e infermiere. Accudisce così un ragazzino in carrozzella mentre approfitta della sorella maggiore; al suicidio del padre, il nuovo arrivato entra anche nel letto della madre. Infine accompagna il ragazzino a Lourdes, ma, maltrattato continuamente dal piccolo spocchioso, lo getta per le scale dell’albergo, uccidendolo.
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