Regia di Garson Kanin vedi scheda film
Come sfruttare il potenziale ambiguo della figura di Cary Grant: Irene Dunne, data per dispersa in mare da sette anni, torna a casa dal marito Grant che si è appena risposato, ovviamente con un’arpia. La ritrovata serenità familiare deve però fare i conti con i trascorsi della signora sull’isola sperduta, ove era naufragata assieme a Randolph Scott. Ora, oltre a non essere dichiarato cosa sia accaduto sull’isola, il “rimatrimonio” di Grant non è nemmeno “ufficiale” (Grant sarebbe bigamo ma le seconde nozze sono, di fatto, nulle): quindi, se il contratto in sé è ancora valido, allora le peripezie sono analoghe a quelle di altri film del filone della “commmedia del rimatrimonio” (una coppia sposata che deve superare delle difficoltà per poter rigenerare il matrimonio).
La questione è più maliziosa: la coppia sceglie il remake de matrimonio per mascherare l’evidenza che ai due non dispiacerebbe affatto continuare il rapporto triangolare con Scott. È quasi scontato che tra i naufraghi sia successo qualcosa di imbarazzante ma è più interessante osservare la brezza nello sguardo di Grant quando ammira il tuffo in piscina dell’atletico Scott, che è nondimeno determinato a proseguire la sua presunta tresca con Dunne, emblema di innocenza e desiderio.
Benché Le mie due mogli sia una pura screwball, specialmente per quel giudice stressato che garantisce la vena comica della storia, verso il finale il film tende verso la serena ricomposizione del quadro sorvolando sulle sottotracce sessuali che ne avevano determinato la potenza, ma forse è semplicemente sintomo dell’assenza di Leo McCarey, che avrebbe dovuto dirigerlo al posto del grande sceneggiatore Kanin. McCarey avrebbe inserito questo tema all’interno di un ideale discorso sul matrimonio tout court (il corteggiamento e l’innamoramento di Un grande amore, il matrimonio e la crisi de L’orribile verità, il distacco e la morte in Cupo tramonto), per la sua capacità di portare una scena fino alla soglia oltre la quale il comico non è più comico senza offuscare l’umanità delle sue vittime.
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