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Il volatore di aquiloni

Regia di Renato Pozzetto vedi scheda film

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Souther78

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La recensione su Il volatore di aquiloni

di Souther78
8 stelle

Documento storico, più che film: si può apprezzare per ciò che tramanda, nel bene e nel male, di una città all'apice della sua affermazione. La Milano da bere, prima di avviarsi al patibolo, immolata sull'altare della massoneria globalista per colpire al cuore l'economia e la società italiana.

Film atipico nella durata, nella sceneggiatura e nella realizzazione, che ho scoperto esistere soltanto recentemente.

 

All'epoca non avrei saputo come giudicarlo, se non impresentabile: uno spottone di aziende e città, con scarsissimo umorismo e gag a tratti imbarazzanti. Oggi, al contrario, non si può che rivalutarlo come documento d'eccezione di un tempo che non c'è più. La fotografia di una Milano al suo apice, subito prima della globalizzazione plutocratica e dell'imbastardimento totale che ne è derivato. Quando ancora l'Unione Europea non era che una trama massonica ancora da realizzare, quando c'era la Lira, quando c'erano ancora le eccellenze italiane. Il patrimonio storico, culturale e architettonico, si fonde con i fasti di un presente (ormai passato) della città capitale economica e culturale d'Italia. Ma il futuro distopico è in agguato, e ci viene annunciato, sotto forma di spottone, mediante un bancomat parlante (la mostruosa a.i. che già imperversa nel nostro presente), che anticipa la valuta digitale e promuove la "tesserina magnetica" che ha di fatto già sostituito il contante per noi da tempo.

 

E' anche il documentario di una ingenuità perduta, che permette al suo protagonista di raccontarci la città senza imbarazzo, nonostante una costellazione di spot, peraltro onestamente preannunciati nel prologo. Per chi, come il sottoscritto, ha vissuto lì all'epoca, è un tuffo nei ricordi e un modo per evidenziare le differenze rispetto al presente. Impressionante come di italiano non sia rimasto niente: pensiamo alla Brionvega, che vediamo troneggiare nella Rinascente, alla Max Meyer, alla Montedison, all'Alfa Romeo, alla Pirelli... Tutto, ma proprio tutto, è stato svenduto o è fallito. Ancora negli anni '80 l'Italia aveva decine di produttori di automobili, motocicli, elettronica... ormai è tutto sparito o esiste solo attraverso un nome, un marchio, magari una fabbrica dove gli schiavi italiani producono capitale per fondi di speculazione stranieri (Blackrock e Vanguard in cima a tutto).

 

Ecco, in questa istantanea della Milano di metà/fine anni '80 vediamo gli ultimi fasti della metropoli, e anche del Paese, prima di finire soffocato nell'abbraccio mortale della massoneria e dell'UE, sua creatura.

 

Ma c'è di più: contrariamente a quanto sostenuto su questo sito, non c'è soltanto idolatria del capoluogo lombardo, ma proprio sul finale assistiamo a una onesta e dura critica di una Milano non a misura di bambini, che questi li nota solo quando "si drogano", che nel Naviglio ha una fogna a cielo aperto, e che si è persa quindi l'anima dietro al progresso e agli affari. Ed è proprio così che io l'ho vissuta, in quegli anni: una metropoli grigia, frenetica, individualista e modaiola, che non aveva spazio per verde, bambini, animali... I pochi parchi cittadini erano trasandati, covi di spacciatori o delinquenti, da cui stare alla larga, nel nostro Belpaese che disarma i cittadini, mentre le forze dell'ordine sono prese a imporre la dittatura nazimassonica dei politici-marionette, e i delinquenti fanno quello che vogliono. 

 

Sicuramente la parte meno riuscita e più fuori luogo del film è l'inizio allo stadio, che ci sembra voler far ridere senza però offrire alcuno spunto comico. Marcate le similitudini con Il ragazzo di campagna, osservabili sia dalla trama generale che da alcuni riferimenti specifici (i 2 milioni del protagonista, vari attori comprimari in comune, il senso di spaesatezza di Pozzetto, etc.).

 

Non è certamente un film da guardare aspettandosi di ridere a crepapelle dall'inizio alla fine, ma, ormai, lo si può certamente definire un prezioso documento storico, utile per capire, sapere, e farsi anche due domande possibilmente.

 

Che Milano negli anni '80 piacesse o meno, non si può che concludere come fosse un paradiso, rispetto alla città distopica del presente (figuriamoci nel prossimo futuro), con il sindaco massone membro del C40, che, come quello di Roma, porta avanti l'agenda WEF globalista di schiavizzare i cittadini, tra telecamere, droni, zone rosse, ZTL, divieti, balzelli, coprifuoco, ricatti, bombe a orologeria elettriche, vigili armati, centri di accoglienza e mense per poveri con file lunghe km, negozi sempre meno e più deserti, e masse di zombie incollati agli schermini degli iphone con le cuffiette wireless a inondargli quel rimasuglio di materia grigia di dannosissime radiazioni. 

 

Il finale vede Pozzetto rivolgersi al Duomo, salutando: "Ciao Milano!". Noi, oggi, possiamo guardare a quella piazza, piena di gentaglia e camionette della polizia, dicendo: "Addio Milano!".

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