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American Life

Regia di Sam Mendes vedi scheda film

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La recensione su American Life

di mc 5
10 stelle

Film semplice, carino, gradevole, un pò minimale. Tutto qua. Tutto chiaro. Ma per quanto mi riguarda, c'è dell'altro. Sì, perchè il mio rapporto con questa pellicola si è rivelato problematico e conflittuale fin dall'inizio. Tanto che per "definirlo" in modo sereno ho dovuto vederlo per due volte. Ma procediamo con ordine, partendo dal dato più in evidenza, e cioè la grande popolarità del regista, quel Sam Mendes che, col pluripremiato "American Beauty", si è ritagliato uno spazio importante nel panorama della cinematografia contemporanea. Proprio quel film si rivelò poi croce e delizia, nel senso che, a fronte di un vasto consenso popolare, divise nettamente la critica: chi (come me) lo giudicò un mezzo capolavoro e chi (non ho mai capito il motivo di tanto accanito livore) lo detestò come fosse emblema di tutto il cattivo cinema esistente e possibile. Personalmente, di quel film conservo in particolare il piacevole ricordo di una strepitosa alchimia tra Kevin Spacey e Annette Bening. Da allora parecchia acqua è passata sotto i ponti e il buon Mendes ha diretto una manciata di ottimi film, ciascuno a suo modo interessante. Fino a quel "Revolutionary Road" che è uno di quei film che (so quel dico) ti cambiano la vita. Pellicola immensa, così come immensi ne sono i due protagonisti, un Di Caprio e una Kate Winslet entrambi in totale stato di grazia. Ecco il punto."Revolutionary Road" è un film troppo INTENSO e troppo IMPEGNATIVO. Al punto che qualunque film successivo ne sarebbe stato condizionato in senso negativo dall'inevitabile confronto. E così puntualmente è stato con "American life". Ma poi, accidenti a lui, Mendes ci ha voluto mettere del suo portando a casa un prodotto che del precedente è l'immagine speculare ed opposta. Anche qui sotto la lente d'ingrandimento troviamo l'andamento precario di una coppia, indagato nel suo percorso emotivo e psicologico. Solo che là il registro prescelto era quello drammatico, che accompagnava lo spettatore verso la tragedia. Qua siamo agli antipodi per quanto attiene allo stile, ma ciò su cui lo sguardo narrativo si indirizza non è poi così diverso. I due "fidanzati" protagonisti vivono in attesa della maternità di lei con davanti a sè un futuro pieno di incertezze, che incarna al 100% quella precarietà che pare essere ormai la parola chiave del vocabolario del nostro secolo. Entrambi, infatti, svolgono lavori non del tutto chiari e comunque magnificamente PRECARI. Hanno dei genitori paterni un pò svitati che pare li lascino un pò a sè stessi, per cui i due ragazzi "si devono arrangiare", anche perchè poi a quanto pare (finestre di cartone e riscaldamento che non funziona) non sembrano navigare nell'oro. Questo senso di allarme permanente su un futuro più che mai opaco li accomuna dunque a tutte le giovani coppie contemporanee. E infatti i due "piccioncini" non fanno che scambiarsi fino allo sfinimento la stessa domanda: "ma noi...siamo dei falliti?". Però..però...ci sono quelle cose che (nella sostanza e nella realtà) ti danno la forza per andare avanti....e precisamente: 1)sta per arrivare una  bambina che presumibilmente sconvolgerà le loro vite  2)i due si amano di una dolcezza e di una tenerezza inesprimibili. Il senso del film è tutto qua (semplice, no?). Storiellina minimale che è agli antipodi rispetto ai drammatici destini di Di Caprio/Winslet. Qui sta il punto. Dopo una prima visione sono uscito dalla sala quasi infastidito da tanta scarna struttura narrativa, trovando il film di una inconsistenza intollerabile per un "maestro" come Mendes. Ora lo posso dire senza rèmore: mi sono sbagliato. Una successiva visione più distesa e consapevole mi ha aperto gli occhi e ha capovolto il mio sguardo critico. Ho visto un'opera leggera come una piuma, il cui autore ha però saputo utilizzare tale registro lieve per veicolare concetti importanti e pensieri "pesanti". Per esempio l'amore come collante per tenere insieme i pezzi di una famiglia (ma anche di un intero consorzio umano) che tende ad andare allo sbando, a polverizzarsi e autodistruggersi, sotto il peso di un profondo malessere. Un malessere a cui possiamo dare nomi diversi: crisi, precarietà, incertezza...ma la sostanza resta la stessa. E dunque: due innamorati che si vogliono bene e con una creatura dentro al pancione di lei, che partono alla conquista del Mondo. Praticamente assistiamo alla vicenda di questa coppia che intraprende un viaggio in varie tappe (tra America e Canada) per valutare quale sia la sede più idonea dove far nascere la bimba che arriverà di lì a tre mesi. E non si tratta, nonostante la semplicità di fondo, di tappe casuali. Ognuna di esse ha tutto un mondo da raccontare, un frammento di umanità da svelare. Sono realtà assai diverse, ma tuttavia è possibile ricondurle ad un'unica considerazione: la gente è infelice, stanca, egoista, e soprattutto non percepisce il naturale beneficio che può scaturire dall'amare il prossimo. Troviamo una coppia logorata e allo sbando che procede per inerzia; poi la sorella di lei che non sa cosa vuole dalla vita, e si accontenta di cercare una Jacuzzi; una coppia di amici che ostentano serenità per poi scoprire che la donna è al quinto aborto spontaneo; poi una incredibile coppia new age che pare coltivare un sogno visionario e ultraterreno e che invece si rivelerà per quello che è, e cioè due stronzi patentati; e infine il fratello di lui, totalmente sbalestrato dall'improvvisa fuga della moglie. Nessuno di loro è felice, sereno o pacificato. Eppure tutti sembrano mostri di praticità quotidiana, ma sono solo mostri e basta. Resta da dire di una colonna sonora indie-folk deliziosa. E di un cast formidabile. A partire dai due protagonisti. Un John Krasinski che fonde mirabilmente tenerezza e stralunatezza. E una clamorosa Maya Rudolph, dotata di un viso espressivo come raramente capita di vederne al cinema. La sua prova, nelle vesti di questa mamma titubante e preoccupata, è di quelle che vanno oltre la perfezione. Segnalazione d'obbligo per un cameo del vecchio buon Jeff Daniels. Nel ruolo della donna che ha abortito la sempre più graziosa Melanie Lynskey. Ma soprattutto c'è la donna dei miei sogni, quella meraviglia di femmina e di attrice che è Maggie Gyllenhaal, della quale sono un super fan innamorato da sempre. Anzi direi che l'episodio che racchiude la sua performance è sicuramente il "numero" più gustoso dell'intera pellicola. Andate a vedere questo film. Che, tanto per cambiare, ha subìto un drastico cambiamento di titolo dalla solita distribuzione. Lo hanno chiamato "American life" per richiamare "American beauty": che furbizia da due soldi!! In realtà si chiama "Away we go", che rende molto (ma molto) di più l'idea di fondo. PS: Mendes ci piace sia in salsa psico-drammatica che in salsa sentimental-leggera: quando uno è bravo è bravo.
Voto: 10

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