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Una vita tranquilla

Regia di Claudio Cupellini vedi scheda film

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La recensione su Una vita tranquilla

di gerkota
8 stelle

 

 

NEI CINEMA ITALIANI DAL 05/11/2010

VISTO AL CINEMA

 

Per quanto tempo ti puoi nascondere prima che un torbido passato ti venga a cercare e sconvolga la vita tranquilla che eri riuscito a costruirti, così diversa da quella da cui eri fuggito? Non tutti i figli abbandonati da piccoli si rassegnano a odiare il padre per tutta la vita. Alcuni, lo vanno a cercare quel padre, per sputarglielo in faccia tutto il loro odio.

 

 

Rosario (un perfetto Toni Servillo, protagonista de L'uomo del labirinto, 2019) è un ex personaggio di peso della camorra napoletana, che tutti credono morto assassinato. L’unico a sapere che è vivo e dove si trova è Diego (un convincente Marco D'Amore, ambizioso artista casertano che nel 2019 ha esordito anche dietro la cinepresa con L'immortale), il figlio rimasto a Napoli e assoldato dalla stessa malavita. Un giorno in Germania, al bell’albergo-ristorante al limitare del bosco che Rosario gestisce con una nuova moglie, tedesca, da cui ha avuto un altro figlio che ora ha sette anni, si presenta Diego, ormai ultra ventenne, con un amico-collega dalla testa calda (efficace nella parte Francesco Di Leva, mattatore nell'interessante Il sindaco del rione Sanità, 2019). I due sono in missione e hanno bisogno di un posto in cui soggiornare, prima di sparare a un manager tedesco che con una firma può compromettere il traffico di rifiuti con la Campania. Dov’è il problema? Diego non chiede ospitalità al padre per caso ed è saturo di rancore. Inoltre, come si sa, le brutte faccende non vanno quasi mai per il verso giusto.

 

 

Il regista padovano Claudio Cupellini (Alaska nel 2015) mette in scena con estrema efficacia una storia tratta da un soggetto dello sceneggiatore Filippo Gravino (suo anche lo script dell'ottimo Il primo re, 2019). Il film è un amalgama quasi impeccabile – fatta eccezione per un finale un po’ affrettato e meno calibrato rispetto al resto dell’opera – che fa muovere i protagonisti in armonia, con un ritmo sostenuto ma mai stordente e una tensione organica ai diversi momenti della vicenda. Assicurata l’immedesimazione sia con il personaggio dell’ex criminale che vede crollare il suo sogno di ricominciare, sia con il giovane camorrista rovinato da un padre che l’ha lasciato senza una guida. Ben impersonate anche alcune figure di contorno.

 

 

Molto bella la fotografia (G. Pohárnok) sui freddi paesaggi di una Germania invernale e in alcune scene ambientate nella natura (si noti quella iniziale, quando Rosario è a caccia di cinghiali). Da non perdere, voto 8,3.

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