Regia di Claudio Cupellini vedi scheda film
Mafiosi italiani che si ammazzano in Germania: viene in mente la strage di Duisburg del Ferragosto 2007, ma il soggetto di Una vita tranquilla è stato premiato al Solinas già nel 2003. Lo inscena Claudio Cupellini, la cui opera seconda, dopo la carineria di Lezioni di cioccolato, è una vera sorpresa. Come accade ai migliori gangster movie, crimine e tragedia familiare si abbracciano: Rosario, cuoco italiano in un paesino vicino a Francoforte, riceve nel proprio albergo due giovani sicari, uno dei quali, Diego, è suo figlio, ma nessuno lo deve sapere. Il coté criminale, l’esilio all’estero, il volto di Servillo e le musiche di Teardo rimandano al Titta di Le conseguenze dell’amore, ma Rosario non è un contabile tossicomane bensì un padre buono eppure capace di uccidere. Lui e Diego sono criminali braccati, desiderosi di lavarsi il sangue dalle mani ma condannati come in un noir. Purtroppo in modo vagamente meccanico: verso il finale il tratteggio di Diego, comodamente nascosto dalle ellissi, risulta più convenzionale che convincente. Comunque Cupellini maneggia il genere con cura, dà un taglio mitteleuropeo alle luci grigie, dirige una recitazione trilingue (tedesco, italiano e napoletano) e trova una chiusura coerentemente impietosa.
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