Regia di Tod Williams vedi scheda film
Horror molto normale e medio, decisamente poco paranormale. E' il prequel e al tempo stesso il sequel di un primo episodio che, girato con quatto soldi, ha avuto un grandissimo successo. E come il primo, anche questo secondo episodio, per quanto replichi e da un punto di vista visivo e da un punto di vista narrativo le soluzioni già proposte, ha dei motivi di interesse e di perplessità.
Primo: si può far paura con poco, pochissimo. Basta una telecamera puntata su una stanza vuota e buia. Le immagini sono (volutamente) sgranate; la trama, ridotto all'osso, conferiscono al film quello status di documento-verità che è di certo uno degli aspetti più inquietanti.
Secondo: nell'epoca del film-fatto-in-casa (youtube e quant'altro), Paranormal è un falso videoamatoriale, sulla falsariga di un altro grandissimo e profetico successo commericiale, l'horror The Blair Wich Project, l'inquietudine è data proprio dallo strumento di ripresa, una telecamera, mezzo spoglio e anonimo, che riprende le scene raccapriccianti senza commento alcuni, restituendo un effetto di quotidianità squallida a cui purtroppo siamo abituati attraverso immagini televisive ancora più forti, probabilmente, del film stesso.
Da ultimo, come in tutti gli horror, la pulsione voyeur la fa da padrone. E anche qui i paralleli con la televisione sono pertinenti: immaginatevi uno pseudo programma-verità come Il Grande Fratello con la presenza di un assassino.
Detto questo, il film lascia non poche perplessità, una soprattutto: facile, troppo facile e scorretto creare tensione gocando con i bambini. Il cinema horror, anche quello medio (Omen) e alto (Shining) è ricco di bambini protagonisti, come del resto sono ricchi di fanciulli fiabe non proprio prive di ambiguità, ma c'è modo e modo di usare i bambini. Kubrick usava il suo Danny, presenza horror efficacissima e carica di diversi significati, come spettatore in campo, alter ego innocente di uno spettacolo dell'horror che traeva la sua origine dal racconto mitico di Crono divoratore dei figli. Il film di Williams, ovviamente, vola molto più basso e usa il bimbo, tra l'altro molto piccolo, come semplice marionetta ad uso e consumo della Bestia. Così facendo, si colpisce lo spettatore allo stomaco, nel modo più banale da un punto di vista visivo e moralmente squallido, come quei registi che per far vedere l'amore tra un uomo e una donna ce li mostrano a letto impegnati in un azione più o meno esibita. E invece crediamo che tutte le emozioni che suscita il cuore dell'uomo possano essere rappresentate in maniera diversa, più intelligente, più suggerita e meno diretta. Il che vale anche per la paura e per il cinema horror che negli ultimi anni è il genere, assieme alla commedia sentimentale, che più risente di questa deriva dello sguardo di tipo pornografico.
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