Regia di Drew Dowdle, John Erick Dowdle vedi scheda film
Devil è il primo capitolo di un trittico, The Night Chronicles, partorito dalla bella mente del regista M. Night Shyamalan -bella lo era almeno fino al suo ultimo dignitoso lavoro E venne il giorno, datato 2008 - il quale ha pensato bene, dopo lo sconcerto suscitato da L’ultimo dominatore dell’aria (3D) del 2010, di relegarsi al solo ruolo di ideatore e produttore, lasciando la direzione di questo nuovo ambizioso e non poco intrigante progetto al regista di Quarantena (remake dell'iberico [Rec]), che, dal canto suo, non delude nell'impresa di permeare la pellicola in questione di tutti i connotati visivo-emozionali tipici del genere fantastico-pauroso, di cui Shyamalan è/era uno dei nuovi indiscussi rappresentanti.
L’ascensore di uno dei tanti grattacieli metropolitani adibiti a uffici si blocca tanto improvvisamente quanto misteriosamente, interrompendo quello stato di rilassata calma apparente così incoraggiato dalla musica in filodiffusione.
Intrappolando all’interno 5 persone (3 uomini e 2 donne), costrette a convivere in uno spazio assai ridotto dove la claustrofobia e il panico sopraggiungono repentini e inevitabili, e a far capolino, come se non bastasse, anche una dose crescente di paranoia e terrore, via via sempre meno gestibili per la maturata consapevolezza che fra i 5 si annida un assassino intenzionato ad eliminare tutti gli altri.
Un detective arguto e metodico, dilaniato dalla tragica morte di moglie e figlio, segue il caso (piuttosto inusuale nelle sue dinamiche), arrivando a prendere in esame rivelazioni che poco o nulla hanno di razionale e di terreno.
Premesso che con Shyamalan niente è come sembra, che la paura non è il fine ma il mezzo (o uno dei mezzi) per arrivare a svelare le complesse profonde riflessioni etico-esistenziali che si celano fra le pieghe delle sue opere, si può considerare, allora, Devil -insieme a E venne il giorno e ancor prima a Lady in the water- una parabola, una favola nera dagli imprevisti quanto consolatori risvolti etici.
Qui la morale del racconto è il perdono -come la premessa del film ben ci illustra- e quanto possa influire, condizionare la vita di chi è chiamato a darlo e riceverlo.
Ma è anche l'invito a guardarsi dentro, rendersi consapevoli di cosa si è (diventati) e dell’entità delle proprie azioni.
È un monito a non dimenticare che una resa dei conti alla fine c’è sempre, in qualsiasi forma e momento si manifesti.
Si può chiamarla (appuntamento col) destino, nemesi, giustizia divina o dannazione eterna.
La cosa certa è che nessuno può sottrarsi al ‘giudizio‘ finale.
Devil è dunque una moderna operetta morale in salsa horror.
Cupa, inquietante, asciutta, fluida, compiuta.
Soggetto ideale per un dignitoso episodio della serie tv americana Masters of Horror, ma la densa scrittura -articolata, accattivante, astuta- lavorando sui caratteri e sui dettagli, ne dilata l'idea di partenza imbastendo una storia decorosa che non fatica ad accaparrarsi l’etichetta di film a tutti gli effetti, in grado di spaziare agilmente tra il poliziesco, il thriller e l'action,
sempre naturalmente (e mai forzatamente) tesa e intricata quanto basta a tenere alta l'attenzione per tutto il tempo della sua durata (80 minuti).
Non c’è che aspettare il prossimo, secondo capitolo.
Se mai ci sarà.
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