Regia di David Michôd vedi scheda film
L'esordio nel lungometraggio di Michôd (che prima aveva diretto solo qualche cortometraggio), Animal Kingdom ha l’evidente ambizione di porsi a nuovo affresco contemporaneo della criminalità, dell’emarginazione sociale, della corruzione e della violenza ad ogni livello, oltreché un’amara constatazione della mancanza di una qualsiasi pietà o freno in “un mondo spietato dove la legge del branco prevale anche sui legami di sangue” (Mereghetti), ma riesce solo ad essere catatonico (un po' come il suo protagonista), ripetitivo e pieno di lungaggini del tutto ingiustificate.
Piuttosto inconsistente (anche perché quanto affermato è già stato detto, e meglio, in molto cinema antecedente), è sì angoscioso e talvolta agghiacciante, ma non appassiona né coinvolge (perfino in scene cardine come quella riguardante la fidanzata di Josh, Nicky, o quella riguardante il protagonista stesso sul finale).
E’ un film molto pretenzioso ma non riesce a far corrispondere uno sviluppo coerente o una drammaturgia adeguata a queste sue accampate pretese, tra inutili perdite di tempo e “metafore tanto ambiziose quanto risapute” (idem).
E’ davvero troppo lento, soprattutto perché si tratta, come detto, di una lentezza totalmente ingiustificata e ingiustificabile, e lo stile freddo e distaccato di certo non aiuta il coinvolgimento. Difatti, persino il colpo di scena finale non riesce a smuovere più di tanto.
L’unica cosa che si salva è la compagnia di attori tutti, tranne il protagonista, bravissimi (in particolare la Weaver).
Impossibile dire con certezza come abbia fatto un simile film a conquistarsi così tanti premi in patria e inoltre un grande successo di critica, anche all’estero, ma sta di fatto che così è stato e che la carriera del regista è stata lanciata (ma la sua inconsistenza in particolare come sceneggiatore verrà ulteriormente confermata col successivo The Rover).
Intanto, questo suo film d’esordio, agli Australian Academy of Cinema and Television Arts Awards (più brevemente AACTA Awards), gli Oscar australiani, ottiene un record di ben 18 nomination e 9 premi: a miglior film, regia, sceneggiatura originale, attore protagonista (Mendelsohn), attrice protagonista (Weaver), attore non protagonista (Edgerton), colonna sonora, montaggio e un Reader’s Choice Award sempre al miglior film. Veramente, ma veramente un’esagerazione.
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