Regia di David Michôd vedi scheda film
Non sappiamo molto di Jake: lo conosciamo quando siede sul divano di fianco alla madre in preda di una overdose di eroina in attesa dei soccorsi, guardando assorto le vicende di un quiz televisivo. Con la madre morta, Jake che ha ancora 17 anni si rivolge per un sostegno proprio alla sua famiglia di origine (nonna e zii) che in realtà sua madre aveva accuratamente evitato che lui frequentasse come se volesse proteggerlo...
Michod ha una capacità fondamentale: quella di saper raccontare il disagio, la patologia mentale con una naturalezza che non richiede ulteriori didascalie e nello stesso tempo sapendola contestualizzare senza enfatizzarla né ridurla a melodramma.
L'avventura di Jake, figlio evidentemente di una ragazza-madre, disperso - immaginiamo - in una esistenza in cui ha dovuto sempre cavarsela da solo, eppure non ancora così dura da farlo diventare né arrogante né insensibile, è proprio quella di un ragazzo ancora integro che finisce in una gabbia di leoni. Una famiglia in cui - moralismi a parte - i quattro fratelli vivono in eterno dualismo fra competizione e supporto reciproco, mentre una madre solo apparentemente distratta guida le fila di ogni progetto e usa ogni argomento, anche incestuale (non incestuoso), per manipolare i figli.
La vicenda poliziesca a cui lo spettatore spetta di assistere è quasi pleonastica: serve a creare l'occasione per un certo tipo di episodi e di comportamenti. Il quesito che veramente ci si pone è: riuscirà Jake a farla franca?
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta