Regia di Giancarlo Rolandi, Steve Della Casa vedi scheda film
Flaiano era, parafrasando un suo notissimo racconto, un marziano in Italia.
Il suo genio, come quello di uno dei suoi editori (Leo Longanesi), si esprimeva meglio con una battuta che con un romanzo. Infatti, di lui è rimasto ben poco che non sia contenuto nei suoi taccuini e diari.
Non sopportava la retorica, specie quella patriottarda (e si veda per tutti il geniale "Viaggio nel paese dei poveri", scritto nel 1945), infatti ne demoliva i campioni a colpi di fioretto e arsenico.
Non amava la ribalta, infatti i suoi lasciti più preziosi sono nascosti in altre opere, soprattutto nei film che ha scritto.
Il documentario è quindi meritorio e comunque interessante.
Nella scarsità di materiale su questo straordinario artista, più o meno tutto quel che arriva è benvenuto.
Però è un po' troppo agiografico: azzardo che Flaiano si sarebbe annoiato parecchio
Infine, sono molto meglio i filmati di repertorio delle interviste (con l'unica eccezione di Pupi Avati, che racconta un divertentissimo episodio della sua vita di esordiente, dicendo di aver scritto a molti cineasti; l'unico a rispondere fu Flaiano: "Non scrivetemi più").
Di quando in quando, Elio Germano recita battute dei film di Fellini.
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