Regia di Monica Maggioni vedi scheda film
Asciutto e senza fronzoli, il documentario della Maggioni riesce ad affrontare senza facili pietismi una pagina buia e controversa del dopoguerra iracheno (ma che potrebbe facilmente essere "esportato" a qualsiasi conflitto). Il gran numero di sucididi che porta con se ogni guerra qui assume le caratteristiche di una vera e propria silenziosa strage sociale, uno stravolgimento esistenziale con numeri, semplicemente elencati alla fine del film, che non possono non far pensare. Non si scopre l'acqua calda ma non si banalizza neanche una tematica forse difficile da affrontare per chi vuole sempre dare un'idea edulcorata di guerre sempre più tecnologiche, ma che sul campo vedono ancora morti e feriti che pagano anche a livello psicologico il peso di mesi o anni di tensione continua. Uno tsunami emotivo che, nel protagonista del film, voce narrante anche di chi non c'è più, ha portato ad una radicale trasformazione di tutti i progetti di vita, quasi ad una completa catarsi nel limbo del non-vivere di chi è sopravvissuto ma al tempo stesso è morto nei propri desideri e aspirazioni.
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