Regia di Gaetano Di Vaio vedi scheda film
«Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni» scriveva Dostoevskij. Quella raccontata da Gaetano Di Vaio è l’Italia, è Napoli – parte per il tutto – e di civiltà non c’è nemmeno l’ombra. Il loro Natale (già vincitore di svariati festival, tra cui il Babel di Cagliari 2011) è una storia di mogli, madri e figli. Di amore e rabbia, di donne generose che vivono sulla loro pelle il dramma di avere un marito, una madre o un figlio in carcere. Non un carcere qualunque, siamo a Poggioreale (il carcere di Napoli): docce fatiscenti, condizioni igienico/sanitarie inesistenti, un luogo dove suicidi e morti dovute a noncuranza sono all’ordine del giorno. Il documentario percorre due binari, paralleli e a tratti convergenti. Registra in maniera toccante, con l’ausilio di un manipolo di donne forti e fiere, una durezza quotidiana resa ancora più insostenibile dall’approssimarsi del Natale. Pone l’accento su una forza di volontà che non può lasciare indifferenti, piegata però dalle disfunzioni di una macchina carceraria che è insieme assenza di Stato e presenza di camorra. Applaudito a Venezia 2010 nella defunta sezione Controcampo Italiano, il docufilm di Gaetano Di Vaio punta un faro nella notte e tenta di far luce sulla condizione delle prigioni italiane restando al di qua della barricata, oltre la quale è impossibile stare. Sceglie un linguaggio semplice, come le donne protagoniste, come il messaggio. Senza vezzi e, per fortuna, senza retorica.
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