Regia di Aureliano Amadei vedi scheda film
Ci sono due cose che ho apprezzato particolarmente di questo film. La prima è il modo in cui viene messa in luce la contraddittorietà dei fatti, le versioni più o meno contrastanti tra fatti ufficiali e ufficiosi e la manipolazione che ovviamente c'è dietro l'informazione relativa a ogni guerra. Certo, Amadei non dice niente di non saputo: chi crede ancora oggi che la verità è sui giornali e chi invece comprende che la verità sui giornali è solo una parte della verità, una faccia della medaglia che rappresenta il pensiero di chi scrive e la sua posizione ideologica? Chiaramente questo film gioca su semplici sentimenti per coinvolgere lo spettatore e fargli credere in una versione dei fatti, quella del protagonista. Ma le denunce fatte sono sacrosante, l'ignobile fine dei bambini iracheni dimenticati troppe volte dai protagonisti dell'informazione, la speculazione mediatica che è una macchina insensata nella quale lui entra a far parte col ruolo di ingranaggio importante, la sfortuna di esserci stati e di essere i soli sopravvissuti tra quelli che hanno potuto vedere i fatti come lui. Un'altra cosa che mi è piaciuta di questo film è proprio la composizione in soggettiva realizzata durante l'attacco. L'ho trovata realistica e ho pensato che se mi fossi trovato io lì, in quella situazione, probabilmente avrei chiuso gli occhi per non vedere o non avrei capito pressoché nulla di quello che mi stava succedendo. Comunque il film ha vinto a Venezia la sezione "controcampo italiano" e questo non mi stupisce.
Ottima prova, davvero convincente, calato nel personaggio tanto da farlo diventare reale e di dare, con la sua interpretazione, una chiara chiave di lettura anche alla costruzione del film e dello spirito che riecheggia, che è poi quello del regista.
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