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The Shock Labyrinth. Extreme 3D

Regia di Takashi Shimizu vedi scheda film

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La recensione su The Shock Labyrinth. Extreme 3D

di Spaggy
2 stelle

Non so a voi ma a me gli horror con gli occhi a mandorla inquietano, mi causano blocchi di digestione e interminabili sedute al bagno. Non c’è niente da fare… giapponesi, cinesi, coreani (chi è bravo a distinguerli ad occhi chiusi mi dia qualche dritta) che siano mi scuotono parecchio e mi fanno chiedere sempre “Perché, di grazia?”. Perché voi piccoli omini così pacifici, minuscoli, in miniatura come soldatini di piombo siete così ossessionati e ossessionanti con il mondo dell’ignoto e dell’inconscio sopito?
 
Qualche anno fa mi chiedevo la stessa cosa sul sesso. Non c’era niente da fare, in ogni loro opera moderna dovevano sempre infilarci qualcosa (lungi da me il doppio senso, eh): donne in posizioni inconcepibili per chi vorrebbe godersi qualche attimo di piacere, bambole gonfiate da usi impropri e imperituri, angurie devastate su set di film porno e tante altre amenità. Un mio amico mi venne in soccorso e mi disse che era dovuto al complesso di inferiorità: ce l’hanno piccolo e quindi devono necessariamente mostrare come si sbizzarriscono usandolo. Accettai la spiegazione in silenzio, dopotutto mica erano senegalesi che pur di nascondere i loro corpi anacondici si rifugiano in opere ancestrali e metaforiche.
 
E ora chiedo numi sulle motivazioni di tanta violenza gratuita per gli spettatori. Loro non ci fanno caso, sembrano esserci abituati… io invece da occidentale e italiano, affetto da sindrome realista, neo e post che sia, mi chiedo se dietro a tutto ciò non vi sia un messaggio subliminale, qualcosa che voglia metterci in guardia contro l’invasione delle loro economie hi tech o low cost, dipende dalle latitudini. Corpi squarciati, ossa rotte e flessibili, morti che ritornano dall’oltretomba, stati vegetativi vitali e animati, sensi di colpa repressi che sfociano in spirali di stupido terrore visivo, peluches che si animano e che ricordano i miei incubi di bambino che non voleva dormire nella propria culla perché Winnie the Pooh nascondeva un martello.
 
Vorrei poter esaudire la mia sete di conoscenza chiedendo anche ai registi dei suddetti film cosa mettono nel sakè, marocchino o pakistano? Anche nei miei peggiori trip non ho mai visto niente del genere, non ho neanche osato immaginare bolle di pioggia che diventano armi di morte. Ditemi chi vi serve e se accettano pagamenti con PostePay o preferiscono assegni.
 
Prendiamo ad esempio questo film e chiediamoci perché, interroghiamo l’ambasciatore giapponese o facciamo una petizione all’ONU. Si parte subito con il piede sbagliato, prima sequenza e piume d’oca bianche cadono dal cielo. O cavolo, sarà mica il seguito di “Cigno nero”? Ho sbagliato ancora una volta film? Se è così prima di entrare in sala, mettete un cartello e vietate l’ingresso ai ciofecatori del film di Aronofsky… potrebbe anche raccontarmi l’evoluzione mistica dei sette samurai ma con me partirebbe già col piede sbagliato…
 
Seconda scena: un gruppo di cinque bambini entra in una casa degli orrori. Guarda proprio non credevo che potesse finire così: “Ci sono i mostri! Mamma, li turchi, scappiamo!”, “Oh, ho perso il mio coniglio. Io bimba coraggiosa vado a riprendermelo altrimenti come partirebbe la manfrina?”, “Dov’è finita SamaraYuki? Ho visto le mani dell’uomo nero che la prendeva”… si, buonanotte… e io ho visto e percepito odore di cazzata ma continuiamo a resistere in poltrona.


Terza scena: bimbo inebetito, Pensatuchenovitù, in ospedale assiste alla morte della mamma giapponese. Chissà come mai le mamme giapponesi muoiono sempre. Secondo me è dovuto alla scelta delle attrici che rendendosi conto della pochezza della sceneggiatura decidono di scappare a gambe levate e che si fottano i figlioli, tanto poi c’è papà che sicuramente per non averli tra le palle li manderà lontano. Mah! Complesso edipico irrisolto? Chissà…


Quarta scena: il bimbo mandato via dal padre ritorna dopo dieci anni in cui non si sa cosa abbia fatto o meno e incontra i vecchi amici con cui era andato alla casa degli orrori. È la cosa che faremmo tutti quanti, spariamo per dieci anni, torniamo e cerchiamo rogne anziché goderci l’aria dei vecchi sapori e odori ritrovati… Maremotu lo va a prendere in stazione mentre RinCoglioOrbata li aspetta a casa e sente bussare alla porta. “Cade acqua e tira vento, chi bussa a ‘sto convento?”, “Nessuno, sarei solo SamaraYuki, ti ricordi? Quella che è schiattata dieci anni fa. Che fa posso entrare? Tanto lo so che tu pur essendo cecata dalla nascita hai in dono la vista di Mandrake e mi vedi. Fa freddo fuori, sai… non voglio farti niente, solo scuoiarti e friggermi le tue budella, ti dispiace?”, “Ma no, entra. Io desiderosa di sapere se in questi anni di morte hai pensato ancora a Pensatuchenovitù… sai io lo amo e ti ho lasciata nella casa perché tu già a dieci anni eri nu poco zocculella”, “Non ti preoccupare, noi grandi amiche come prima. Dici che ti dispiace se non appena arrivano gli altri due a casa faccio un po’ di scena e urlo come una pazza? Sai, fa sempre effetto e io mi devo guadagnare la pagnotta! Se vuoi storco anche gli occhi all'indietro...”.


Quinta scena: arrivano in casa anche Maremotu e Pensatuchenovitù. “Che facciamo della fantasma? A me anche morta mi inquieta, vorrebbe ancora due colpettini da me”, “Ma no, Pensatuchenovitù, è solo spaventata. Portiamola dalla sorella BabyJaneMiu”. Vanno a casa della sorella: “Voi, tutti pazzi, lei morta è. Guarda mia madre è sclerata a causa sua e mio padre è schiattato. Io la odio con tutto il cuore, volevo il suo coniglio!”, “Miiii, guardate… SamaraYuki è scappata, è caduta dalle scale… portiamola in ospedale”. Arrivano in ospedale e ovviamente non c’è nessuno. Tutto deserto è, manco il questuante che elemosina davanti al portone o l’infermiera antipatica della reception ci sono. E i geniacci, per seguire SamaraYuki presa da raptus di lupus, si avventurano nei corridoi dell’ospedale in balia dei tic visionari di Pensatuchenovitù, segnalati da musichetta stile Uomo Bionico.
 
Ma vuoi vedere che forse ‘sto ragazzo con la testa non c’è e che il suo cervello è in vacanza su Plutone da decenni? E che gli spettatori avranno capito? Direi proprio di si. E qui il regista si sarà accorto che il film era finito ma non sapendo come impiegare i rimanenti 80 minuti a disposizione (su 90) riprende la storia e la fa procedere per spirali vertiginose, si va avanti e indietro nel tempo, succede sempre la stessa cosa ma ci viene mostrata attraverso gli occhi di tutti e, com’è come non è, tutti incontrano mostri viventi e SamaraYuki ora piccola ora grande, anche senza motivo, e il 50% di loro muore, tra manichini che prendono vita, peluches sospesi nel vuoto e rotanti come le lame di Geeg Robot. 


Epilogo della storia: Pensatuchenovitù soffriva di sensi di colpa perché non aveva fatto in tempo ad aiutare SamaraYuki a non cadere da una ringhiera. Lei si era scatasciata al suolo ma salvata, dieci lunghi anni di coma vegetativo. Il ragazzo non aveva metabolizzato il senso di colpa e quindi per depurarsi doveva uccidere i compagnetti a cui attribuiva ogni suo motivo di tormento, anche il buco nell’ozono e la vendita di manichini al mercato nero.
 
Reazione alla pellicola? Ancora una volta inchiodato in bagno, il film fa proprio cag… ehm, come dire? Beh, si capisce… resta un vano tentativo di impressionare lo spettatore ricorrendo agli elementi dell’infanzia, alla paura della casa degli orrori di un luna park (pare che codesta casa esista veramente e che sia la più grande al mondo, costruita su un vecchio ospedale) e alla perdita degli affetti. È solo un esercizio estetico per usare il 3D,  per annullare spazi e dimensioni temporali su un montaggio caotico e claustrofobico e per credere di incutere ancora più paura ma peccato che la pochezza della sceneggiatura, dei dialoghi banali, delle inquadrature standard, dei richiami a mille e altre pellicole (c’è di tutto) rendano il tutto ridicolo e scontato. Dispiace vedere il bimbo protagonista di “Nessuno lo sa” ridotto ad un fantoccio che dovrebbe aprire nuovi spiragli sulla psiche dell’uomo. Ottima però la fotografia.

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