Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Affettuoso come un ricordo d'infanzia (Salvatores è nato nel 1950, esattamente come il protagonista-narratore del film) e preciso come una ricostruzione documentaristica (poichè alla voce del narratore - Giuseppe Cederna - corrispondono immagini di repertorio, reperite ed assortite con grande cura e gusto). Questo 1960 è un lavoro certo atipico per Salvatores, ma talmente ben fatto e strutturato in maniera curiosa, in questa sorta di perenne dialogo fra fiction ed immagini reali, da risultare peculiare per l'intero cinema italiano. Alcune sequenze sono strepitose: Fellini che parla della scena della fontana di Trevi (stava infatti girando La dolce vita), Sordi in uno sketch tv, Celentano alle prime armi che mostra un'umiltà che presto avrà seppellita; ma altrettanto affascinanti sono gli spezzoni di interviste a persone comuni (la voce dell'intervistatore è quella di Arnoldo Foà), le parlate dialettali dei romagnoli, le scene di un'Italia in movimento verso il benessere finalmente raggiunto dopo un quindicennio di faticosa ricostruzione del Paese. E come non amare quest'aura di ingenuità che avvolge i personaggi comuni, la gente semplice che si trova occasionalmente davanti alla telecamera e mantiene un'innocenza ed una schiettezza oggi assolutamente impensabili? E poi ancora ci sono Fausto Coppi, Fred Buscaglione e Mario Riva (tutti e tre prematuramente morti proprio quell'anno), Gaber, Monica Vitti, Mina, Vittorio De Sica, Mike Bongiorno... Un piacevolissimo tuffo in una mitologia prossima, ma già straordinariamente splendente solo mezzo secolo più tardi. 7/10.
1959, il fratello maggiore se ne va a Milano per lavoro. 1960, il protagonista ed i genitori risalgono dal sud verso il nord, passando per Roma e la riviera romagnola e rimanendo intrigati dall'Italia del boom.
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