Regia di John Turturro vedi scheda film
Lo classificano come un documentario musicale, ma la definizione è riduttiva, anzi sviante.
Il termine “documentario” richiama, infatti, un’esposizione costruita su descrizioni rigorose, spiegazioni precise, ragionamenti, dimostrazioni; i documentari sono pieni di parole che descrivono immagini e di immagini a supporto delle parole. Qui ci si trova invece di fronte a una narrazione emozionata che ha come filo conduttore l’attaccamento per un luogo dell’anima; e non ci sono parole; e le immagini predispongono all’ascolto di musiche penetranti (che scavano dentro), di canzoni conosciute che qui – incredibilmente – pare di ascoltare per la prima volta, tanto sono rese vibranti da interpretazioni calde, appassionate.
Il regista ci accompagna in un viaggio sentimentale attraverso gli spazi incredibili e le emozioni di una città.
Mai avrei creduto di cedere alla commozione ascoltando O sole mio e Maruzzella, Malafemmena, Don Raffaé o la Tammuriata nera.
E invece Passione ha un titolo che dice tutto della capacità di Turturro di esprimere i suoi sentimenti (amore e dolore) senza retorica, con un’intensità unica, con un trasporto commovente, con una capacità di coinvolgimento che è sorprendente.
Passione ha la potenza di un sogno; ha la pervasività di un'infatuazione; ha la carica di un trip.
Ci voleva un newyorkese a liberare l’anima di Napoli dalle mille concrezioni stereotipate sotto le quali è stata sepolta dalle stucchevoli rappresentazioni retoriche nostrane.
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