Regia di John Turturro vedi scheda film
Vedi Napoli e poi … canti. E’ questa la sensazione che trasmette “Passione”, quarto film da regista del bravo attore John Turturro e suo caloroso omaggio al capoluogo campano. "Ci sono posti in cui vai una volta sola. E poi c'è Napoli". Turturro, che ci accompagna in questo viaggio musicale per le strade, i vicoli ed i quartieri della città, fin dalla sua prima affermazione evidenzia il carisma di Napoli, la sua unicità, il suo impareggiabile fascino. L’opera del regista, già cimentatosi con il musical con il precedente e scatenato “Romance & cigarettes” non vuole e non può essere completa né esaustiva. Come ogni lavoro di ricerca e selezione, le scelte sono personali e passionali, facilmente esposte a critiche (che infatti non sono mancate per alcune palesi mancanze). Turturro però ha voluto accostarsi al tema “con spirito di curiosità, umiltà ed affetto” (così, infatti, ha detto il regista all’anteprima milanese). E sono proprio questa umiltà e questo pudore di sguardo che vanno apprezzati. Come uno studente rispettoso, discreto, preparato ed attento, Turturro si è avvicinato ad una realtà “dipinta di suoni”, complessa e variegata, carica di sensualità, entusiasmo e contraddizioni, cercando di coglierne lo spirito più intimo e spontaneo (alcune sequenze di improvvisazione per le strade lasciano il segno) attraverso immagini che di Napoli mettono in risalto tanto la fulgida bellezza (non solo dei posti ma anche della gente comune, orgogliosa, aperta e disponibile come poche) quanto la evidente problematicità, attraverso volti sofferti ma mai rassegnati e luoghi carichi di vissuto, di povertà oltre che di tanta dignità. E non rinuncia ad una apprezzabile e gustosa ironia come quando spiega le origini della sceneggiata o sottolinea che le musiche napoletane, in buona sostanza, cantano sempre qualcosa del tipo “io ti amo ma se non vuoi stare con me mi metterò con tua sorella!” o ancora nella sequenza in cui tre “esperti” discutono animatamente ma con competenza su chi sia stato meglio tra Fernando De Lucia ed Enrico Caruso. Certo l’affresco rischia inevitabilmente di essere qua e là superficiale ed approssimativo, a volte si sentono riflessioni leggermente banali o telefonate (una ragazza più o meno dice che “Vivere a Napoli è difficile, anche se la città è bella!”), alcune riprese su immagini e simboli sacri a tratti sono ridondanti ed insistite, sarebbe stata opportuna una maggiore organicità strutturale del racconto, ma Turturro si tiene lontano da fastidiosi stereotipi o cartolinesche ed oleografiche visioni ed evita sia il rischio di un’opera didascalica, impersonale ed appassita, sia quello di un anonimo, supponente e alla lunga stancante susseguirsi di videoclip che rispolverano le più celebri canzoni napoletane (e temo che questa sarà la critica più ricorrente tra i detrattori del film). Con l’entusiasmo, il trasporto, l’amore, l’istinto, anche l’ingenuità di chi è rimasto folgorato da ciò che considera il “fulcro della canzone”, coinvolge alcuni dei nomi più illustri della scena musicale partenopea per trascinare lo spettatore in un’esperienza unica ed impetuosa, vibrante, spesso travolgente. Molti i numeri musicali meritevoli, messi in scena intelligentemente come lussuose sceneggiate: a mio giudizio personale i migliori sono il toccante “Malafemmena” con la coppia Massimo Ranieri e Lina Sastri, il brillante “Don Raffaè” con l’interpretazione coinvolgente di Peppe Barra, la bellissima e seducente “Maruzzella” affidata alla calda e potente voce di Gennaro Cosmo Parlato, il suggestivo ed intenso “Canto delle lavandaie del Vomero”, l’elettrizzante “Caravan Petrol” con un Fiorello incontenibile e una coreografia davvero originale. Forse prevedibile e facile, ma di sicuro effetto emotivo e densa di molteplici significati la conclusione sulle note di “Napule è”. Un film onesto, lucido, semplice ma non semplicistico, leggero, sereno e sorridente (su Napoli questi ultimi tre aggettivi oggi sembrano quasi un’assurdità), paradossalmente forse più adatto a chi conosce poco della realtà partenopea. Turturro si limita a dare il là, un’infarinatura genuina e stimolante, quasi ad invitare lo spettatore curioso a tuffarsi, come ha fatto lui, in quel mondo sfaccettato, misterioso e ricchissimo, culturalmente denso di esperienze, per conoscerne e scoprirne a sua volta le molteplici facce e frecce e darne la propria personale interpretazione e rilettura. Perché, come si dice nel film (ed è forse questo, alla fine, il messaggio più bello ed autentico, capace di comunicare la giusta speranza, al di là delle notizie drammatiche che sempre più di frequente purtroppo negli ultimi anni vengono da Napoli) “nonostante tutto, la gente continua a cantare!”
Voto: 7
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