Regia di Martin Scorsese, Kent Jones vedi scheda film
E' proprio un bel documentario. E' un'opera molto personale di Scorsese; come dice il titolo, è una sua lettera al regista Elia Kazan, al quale è legato sia da ammirazione che da debito formativo. Scorsese da ragazzo si guardava, e più volte, i film di Kazan al cinema, perché lo colpivano molto, cioè rappresentavano situazioni e sentimenti che erano anche i suoi. A quell'età, com'è ovvio, non sapeva disquisire più di tanto sull'aspetto artistico e tecnico dei film. Restava catturato invece dal lato umano di quelle opere, che lo toccava nel profondo. Kazan, che poi ha conosciuto e frequentato, è rimasto per lui una fonte d'ispirazione e una pietra di paragone durante tutta la sua carriera.
Il documentario è composto da vecchie fotografie del regista, molti spezzoni presi dai suoi film, e da intervalli in cui si vede Scorsese che racconta e spiega che cosa lo abbia colpito di quei film e che cosa abbiano significato per lui. E' un'opera girata col cuore in mano, a tratti commovente. E' molto diversa dai film di Scorsese, specie quelli degli ultimi anni, caratterizzati da durezza, violenza, e cinismo. Sono però elementi che non escono dal nulla. E' Scorsese stesso che racconta, infatti, come il suo quartiere fosse un ambiente violento e disumano, dal quale cercava rifugio nella chiesa di San Patrizio e.... al cinema.
E' un documentario molto personale sì, ma ciò non toglie niente alla qualità del risultato. Potrebbe anzi servire da modello per molti documentari televisivi, girati in modo piatto e senza passione.
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