Regia di Stefano Incerti vedi scheda film
Marino Pacileo è un uomo solo.
Conta soldi per lavoro, per il gioco d'azzardo, quasi per voluttà personale ha sempre questa maledetta carta filigranata in mano e sembra non sapere che farsene.Deve trovare una ragione per dare una svolta alla sua vita randagia. E questa via di fuga si chiama Lila, la figlia del ristoratore cinese nel cui locale si gioca d'azzardo.
Accanto a lei Marino si dimentica di essere Gorbaciof per via di quella strana voglia che ha sulla fronte che lo ha sempre marchiato come un vitello, dimentica il lavoro e le perdite al tavolo da gioco.
Non lo sa(o forse lo sa perfettamente) ma ha appena imboccato la sua autostrada per l'inferno.
Per lei , per l'attenzione che lei gli dimostra , diventa un uomo nuovo che però sprofonda sempre più nelle sabbie mobili.
E si sa che in tale situazione più ti muovi,più cerchi di divincolarti e più vai a fondo. Al nostro protagonista succede proprio questo.
Per onorare i debiti del padre della giovane comincia a rubare soldi dal posto di lavoro fino a che è costretto dai debiti a mettersi dentro imprese sempre più pericolose.E il destino beffardo si accanirà su di lui.
Gorbaciof è senza passato e nel film è subito chiaro che è anche senza futuro. La pellicola di Incerti è livida, gelida, ha un aspetto funereo sin dall'inizio. Centrati i paragoni con il Carlito Brigante di Carlito's way ma lo spessore del personaggio credo sia diverso: Pacileo è quasi una maschera grottesca, un uomo che parla raramente e si muove come una marionetta. Carlito non ha nulla di grottesco, è personaggio tragico a tutto tondo..
Gorbaciof funziona egregiamente come descrizione d'ambiente, come discesa nel cuore di tenebra degli angoli più nascosti di Napoli.
Convince anche nella caratterizzazione volutamente scarna dei personaggi, tutti con le facce giuste, che si agitano attorno al protagonista con la sola pecca di Yang Mi, che funge solo da bella statuina cinese con il sorriso sempre stampato sul volto.
Il limite di Gorbaciof sta paradossalmente in quello che doveva essere il suo punto di forza:Toni Servillo.
L'attore non si discute, la sua tecnica di recitazione lascia veramente a bocca aperta però il suo personaggio stavolta è troppo studiato per essere adeguato a un contesto cinematograficamente scarnificato come questo: come ho detto prima diventa una maschera grottesca.
La sua andatura chapliniana, la sua voce che più che altro è un sibilo, la sua gestualità sovraccaricata nelle parentesi idilliache delle sortite con la giovane cinese( che a dir la verità sono troppo dissonanti dal resto del film) sono preziosismi di un attore perfettamente sotto controllo in ogni situazione.
Però siamo ai limiti della maniera, del virtuosismo fine a se stesso.
A parte la geniale variazione sul tema ne Il divo in cui l'andare sopra le righe era un imposizione per dovere di satira, a mio parere Servillo funziona molto meglio quando lavora per sottrazione.
In Gorbaciof non accade nulla di tutto questo.
Anzi.
probabilmente non ha la forza necessaria per modulare l'intepretazione di Servillo.
tecnica come al solito eccellente ma stavolta forse esagera
bella statuina con gli occhi a mandorla.
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