Regia di Athina Rachel Tsangari vedi scheda film
Marina è un animale, un mammifero asociale, che vive fuori dal branco, con un padre malato di cancro e un'amica del cuore, con cui si annusa e attraverso cui annusa la vita. Come il titolo del film, "Attenberg", nome storpiato di Sir Richard Attenborough, famoso documentarista britannico, così il "documentario" della Tsangari cresce storto attorno alla figura della protagonista, femmina pedinata e pedina usata per riflettere sulla Grecia che s'avventura nella modernità troppo velocemente, passando dalla pastorizia ai bulldozer senza discontinuità alcuna, in una distesa di cinica e arrivista borghesia. Un triste presagio, per la situazione che oggi, tutti, abbiamo sotto gli occhi. Il lavoro della Tsangari è bello e allegorico, desaturato e quasi immobile, dove viene lasciato ai gesti, alle linee dei corpi, ai versi animaleschi dei protagonisti, il compito di incendiare e scuotere la pellicola. E' un' ulteriore lama arroventata nel ventre del paese balcanico, che continua la tradizione (splendida) del nuovo cinema greco dei vari Lanthimos (qui attore), Avranas, Lygizos e altri che verranno. E' un cinema che nel suo apparente silenzio, ha urla di disperazione e di rabbia. Bravissimi tutti.
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